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Referendum costituzionale 2016: D'Alema riapre caso Verdini; Ala, si ricordi Mastella

Referendum costituzionale 2016: D'Alema riapre caso Verdini; Ala, si ricordi Mastella

Ex premier: "E' manovra elettorale". Martedì commissione Pd su Italicum

ROMA, 17 ottobre 2016, 12:21

di Chiara Scalise

ANSACheck

Nuovo attacco di Massimo D'Alema al governo Renzi in vista del referendum costituzionale. Per l'ex premier sul tavolo c'è il merito della riforma ma anche il futuro politico del Paese perché in caso di vittoria del fronte del SI "Verdini entra nel governo - dice - e così si consolida il partito della nazione". E governare con un avversario politico è un fatto "molto grave". Peccato che, replicano due senatori di Ala Pietro Langella e Antonio Milo, anche lui abbia condiviso la guida dell'Italia con Mastella e Buttiglione. Vale a dire con personaggi altrettanto lontani dal dna della sinistra.

Quella che il 4 dicembre gli italiani si troveranno a votare è una riforma che D'Alema considera "illogica, accentratrice" e destinata ad avere contro i giovani, in gran parte "elettori M5S". Tutte buone ragioni secondo l'ex premier che dovrebbero tenere lontani i protagonisti della scena internazionale da ingerenze di qualsiasi tipo: "Il Pse, l'ambasciatore americano, Jp Morgan, Confindustria e la signora Merkel dovrebbero farsi i fatti loro". E non basterà certo la commissione Pd per rivedere l'Italicum (che dovrebbe riunirsi per la prima volta martedì prossimo per ragionare sul metodo di lavoro) a far cambiare idea a D'Alema: "Si tratta di una discussione accademica", chiosa infatti criticando anche la manovra "elettorale" approvata dal governo allo scopo di raccogliere consenso. Uno scetticismo condiviso anche da alcuni esponenti della minoranza Dem in Parlamento. A lasciare insoddisfatti quanti temono che il combinato disposto legge elettorale-riforma costituzionale produca effetti distorsivi per la vita politica del Paese è sia il timing (che prevede eventuali modifiche solo dopo il referendum) sia il mantenimento del meccanismo del ballottaggio.

Due "condizioni insufficienti" secondo il senatore Dem di minoranza Miguel Gotor: "manca - è la tesi - la volontà politica" per un vero cambiamento. Eppure anche fra i senatori 'ribelli' c'è chi come Vannino Chiti, firmatario della proposta per l'elezione diretta dei senatori, è pronto a dare maggiore credito al dialogo interno al partito democratico e chiede che i cambiamenti siano approvati in Direzione. Il che, osserva, sarebbe un'assunzione importante di responsabilità da parte di tutti. Poi, certo tutto potrebbe essere rimesso in discussione qualora domani il Tar, che si pronuncerà sul ricorso M5S-Sinistra Italiana contro il testo del quesito, non decida per una sospensiva che allunghi i tempi.

Se il Referendum sta mettendo alla prova la tenuta del centrosinistra, anche nel centrodestra i rapporti restano tesi. Il leader della Lega Matteo Salvini continua a rimproverare a Silvio Berlusconi uno scarso impegno nel fronte del NO, incassando però smentite ufficiali: "Forza Italia - dice Mara Carfagna - è da sempre per le cose fatte bene". E questa riforma è "pasticciata". Tra l'altro, è la tesi degli azzurri, "se dovesse vincere il No, servirebbe un governo per rifare la legge elettorale e riportare al voto gli italiani". Una tesi che dimostra che questa battaglia viene consumata contro Renzi, è la replica affidata oggi al ministro dell'Interno Angelino Alfano, più che contro la proposta concreta. Al contrario, è il leit motiv ormai dell'Esecutivo, "se dovesse vincere il No non ci sarà alcun cataclisma".
   

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