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Pannella, l'arresto per uno spinello. Il poliziotto: "Io ero con lui"

Ennio Di Francesco, lo portai dentro ma 40 anni dopo presi la tessera

La battaglia radicale per la depenalizzazione della droga in Italia inizia una mattina di luglio del 1975 con la disobbedienza civile di Marco Pannella e con un poliziotto che lo arresta, ma sta dalla sua parte. E' il Pannella style dove gli opposti convivono, anche se uno è uno sbirro e l'altro un politico controcorrente e un po' istrione.

L'ex capo della sezione narcotici Ennio Di Francesco racconta quel primo incontro e il "sentire comune" pur nella diversità dei ruoli. Quarant'anni dopo si è iscritto al partito radicale: "un atto di gratitudine per le tante battaglie portate avanti".

In quei turbolenti anni '70, un uomo d'ordine e un liberale condividono dunque la convinzione che la legge del 1958 sulla droga va cambiata e che il metodo repressivo non può funzionare.

Così, quando il giovane commissario è costretto a far scattare le manette ai polsi di Pannella che fuma uno spinello in pubblico, decide, il pomeriggio stesso, di inviargli in carcere un telegramma di solidarietà: "Se come funzionario ho dovuto applicare una legge anacronistica e iniqua, come cittadino mirante a una società più giusta e umana, non posso non esprimerle stima e ammirazione". La sera si scatena il putiferio, racconta Di Francesco con il sorriso di chi sa di averla fatta grossa, ma di essere pronto a rifarla mille volte.

Le cose sono andate così: Pannella avverte provocatoriamente polizia, carabinieri e organi di stampa della disobbedienza civile che intende mettere in atto. Tocca a Di Francesco intervenire. "Andai in via di Torre Argentina 18 con un solo appuntato cercando di passare inosservato" ricorda ancora con una certa tensione, rivivendo l'imbarazzo di quel momento nel varcare la porta del partito radicale. "Mi viene ad aprire Gianfranco Spadaccia. Dico subito: 'non ho il mandato', sperando di essere allontanato, ma mi fa accomodare. Sono accolto da pernacchie e sento ripetere: 'sbirro, sbirro'. Il salone è pieno di giornalisti e fotografi. Dopo un'ora di interventi, Pannella estrae dalla tasca una sigaretta, l'accende e inizia a fumarla: 'Questo è uno spinello di marijuana', dice rivolgendosi a me, 'Invito il rappresentante della legge ad arrestarmi'". Si racconta che lo spinello lo accende al contrario dimostrando di non avere alcuna familiarità con l'oggetto.

Il leader radicale finisce così a Regina Coeli. Qui, sempre secondo racconti tramandati, i compagni di cella gli cucinano un piatto che lui ama molto: pollo con peperoni. E proprio nella cella lo raggiungono le parole di solidarietà del commissario. Il telegramma, però, finisce in prima pagina sul quotidiano "Momento Sera" con tanto di foto: "Il commissario che ha arrestato Pannella gli esprime solidarietà". Oggi, Di Francesco scuote la testa divertito, ripensando all'attimo in cui comprese in che guaio s'era cacciato: "Ingenuamente non avevo tenuto conto dell'abilità politica del personaggio che lo rese pubblico". La conseguenza per l'ingenuo commissario fu l'immediato trasferimento all'ufficio passaporti. "Mentre venivo trasferito, sotto la questura sfilavano giovani radicali, forse un sussulto di rimorso di Pannella, una ragazza aveva un cartellone con scritto: 'Di Francesco è colpevole di pensare'".

"Mai nessun pentimento" in tutti questi anni, rivendica fiero l'ex commissario: "Ero convinto dell'anacronismo di una legge che sanciva il carcere obbligatorio o l'ospedale psichiatrico per minorenni e tossicodipendenti magari solo per uno spinello". La carriera? "Era già in bilico per il sostegno dato al sindacato di polizia e per la smilitarizzazione", ammette serenamente a distanza di tanti anni.  

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