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Mafia Roma, Gabrielli boccia il 5% alle coop: 'Criminogeno, è da rivedere'

Mafia Roma, Gabrielli boccia il 5% alle coop: 'Criminogeno, è da rivedere'

Relazione Autorità anticorruzione, 'Città porto franco degli appalti'

16 settembre 2015, 15:27

Redazione ANSA

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Gabrielli: il 5% alle coop è criminogeno - RIPRODUZIONE RISERVATA

Gabrielli: il 5% alle coop è criminogeno - RIPRODUZIONE RISERVATA
Gabrielli: il 5% alle coop è criminogeno - RIPRODUZIONE RISERVATA

Mafia Roma: Gabrielli, 5% a coop è da rivedere

"Il tema del 5% per le Coop, che qualcuno ha definito 'riserva di caccia', è da rivedere: nasce da una buona intenzione" ma per come è stato usato "è criminogeno e produce il frazionamento degli appalti". Lo ha detto il prefetto di Roma Gabrielli.

Riguardo alla relazione dell'Anac sugli appalti a Roma "l'ho apprezzata e non si discosta molto dalla nostra analisi", ha aggiunto Gabrielli che oggi ha preso parte a un'iniziativa sulla legalità con gli studenti organizzata alla Scuola di polizia penitenziaria. "Al di là delle responsabilità e delle infiltrazioni - ha aggiunto - c'è il tema della macchina amministrativa, che è l'aspetto più negativo, su cui il ministro dell'Interno ci ha affidato il compito di far rispettare le regole".

Il riferimento del prefetto è al rapporto della Autorità Nazionale Anticorruzione dopo l' esame della gestione del Campidoglio tra il 2011 e il 2014. Roma "porto franco degli appalti", è il giudizio dell'Anticorruzione.  Il risultato del lavoro degli ispettori sulle due amministrazioni guidate da Giovanni Alemanno e Ignazio Marino, è stato pubblicato oggi dal Corriere della Sera. L'analisi - scrive il quotidiano - 'ha reso di palese evidenza il massiccio e indiscriminato ricorso a procedura non a evidenza pubblica in grado di assorbire di fatto, in termini quantitativi, quasi il 90 per cento delle procedure espletate'. Per un valore complessivo pari al 43 per cento degli appalti affidati: ciò significa che poco meno della metà dei lavori e dei servizi assegnati a Roma e pagati con denaro pubblico sono stati attribuiti attraverso trattative private, scegliendo di fatto i beneficiari". Gli ispettori osservano che il 'generalizzato e indiscriminato' utilizzo delle procedure negoziate in alternativa alle gare pubbliche è 'in palese difformità e contrasto con le regole, rivelando spesso un'applicazione o elusione delle norme disinvolta e in alcuni casi addirittura spregiudicata'. 'Ciò induce a ritenere - sottolinea la struttura diretta da Raffaele Cantone - che la prassi rilevata abbia una genesi lontana nel tempo e rappresenti in molti casi più un lucido escamotage che ha orientato l'attività contrattuale degli uffici verso un percorso semplificato foriero, come confermato dai recenti fatti di cronaca, di distorsioni anche di carattere corruttivo piuttosto che dalle condizioni di straordinarietà che hanno caratterizzato l'attività politico-amministrativa di Roma Capitale negli ultimi anni'. Dietro i circa tre miliardi di euro assegnati in quattro anni a trattativa privata, scrive il Corriere, 'si nasconde più il malaffare che la soluzione a situazioni d'emergenza, e l'indagine su Mafia Capitale non ha fatto altro che confermare questa ipotesi'. Le conclusioni della relazione consegnata lo scorso 7 agosto al presidente Cantone sono state inviate al sindaco Marino e al prefetto Gabrielli, perché valutino le iniziative di rispettiva competenza, alla Procura della Repubblica (Dda) e alla Procura della Corte dei conti per gli eventuali, ulteriori accertamenti. La denuncia dell'Anac riguarda anche il 'sospetto di interessi corruttivi o criminali di altro genere dietro agli appalti a trattativa privata', 'confermato dalla constatazione di generalizzata carenza e omissione anche della verifica dei requisiti di partecipazione alle procedure negoziate degli operatori economici invitati, offerenti e aggiudicatari'. Questo particolare, si legge nell'articolo, insieme 'all'improprio e spesso illegittimo' utilizzo della procedura negoziale per 'difetto di motivazione', alla 'non trasparente scelta dell'affidatario' e al 'carente controllo e verifica della prestazione', rende il sistema di assegnazione dei lavori 'un 'porto franco' scevro dal rispetto delle regole e funzionale esclusivamente al raggiungimento di obiettivi estranei agli interessi della collettività'.

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