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Orfini, sugli indagati si valuta caso per caso

Orfini, sugli indagati si valuta caso per caso

Nessuno nel Pd ha mai chiesto dimissioni Lupi

TORINO, 24 marzo 2015, 12:34

Redazione ANSA

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Matteo Orfini - RIPRODUZIONE RISERVATA

Matteo Orfini - RIPRODUZIONE RISERVATA
Matteo Orfini - RIPRODUZIONE RISERVATA

 "Le valutazioni vanno fatte caso per caso, non ci sono automatismi legati agli avvisi di garanzia, spetta alla politica assumersi la responsabilità di decidere. Ci sono persone indagate che possono continuare a svolgere il loro compito, altre che pur senza aver ricevuto un avviso di garanzia, è opportuno che si dimettano". A risponde così il presidente del Pd Matteo Orfini a chi accusa il Pd di usare due pesi e due misure sulla presenza di indagati nel governo dopo le dimissioni del ministro Lupi.

Nel governo Renzi sono sei i sottosegretari indagati per vari reati: Davide Faraone, Giuseppe Castiglione, Filippo Bubbico, Francesca Barracciu, Umberto Del Basso De Caro e Vito De Filippo.

C'è poi il caso Nencini. Giulio Burchi, l'ex presidente di Italferr indagato nell'inchiesta della Procura di Firenze sulle grandi opere, avrebbe affidato un "incarico" di "componente dell'Organismo di Vigilanza" della "società Mobilità Serenissima srl" ad Enzo Collio, ex vice presidente di Metropolitana Milanese ed ex esponente socialista, "segnalato da Riccardo Nencini", vice ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti e segretario del Psi. E' quanto risulta da alcune intercettazioni riportate in un'informativa del Ros dello scorso 20 settembre agli atti dell'inchiesta. In una telefonata dello scorso 11 settembre, infatti, "Maurizio Pagani, direttore generale della A4 Holding spa di cui è amministratore delegato Giulio Burchi - scrivono gli investigatori - chiede a Burchi conferma se il soggetto a cui affidare l'incarico di componente dell'Organismo di Vigilanza della società Mobilità Serenissima srl, è Collio". E Burchi "conferma che il nominativo giusto è Collio, segnalato da Riccardo Nencini". Nell'intercettazione Burchi dice: "Collio è stato vice presidente della Metropolitana Milanese ... è quello di Nencini (...) quello lì me l'ha dato Nencini". Il giorno seguente, si legge sempre nell'informativa del Ros, Burchi parlando al telefono con una donna conferma che "ha dato l'incarico a Enzo Collio". E l'interlocutrice ribatte: "Sono contenta, hai fatto carità socialista ... non cristiana".

 

E' lungo l'elenco dei politici che si incontrano nelle carte dell'inchiesta fiorentina sui grandi appalti. Ci sono gli indagati, che mettono lo zampino nell'aggiudicazione delle opere, ci sono quelli che ricevono favori, e ci sono i ministri. Maurizio Lupi viene tirato in ballo per i suoi "strettissimi rapporti" con il principale accusato, l'ex capo della struttura tecnica di missione del ministero delle Infrastrutture, Ercole Incalza, ora in carcere. Angelino Alfano è citato nelle vicenda di un'impresa che cerca aiuti per sbloccare uno stop imposto dal prefetto. I due esponenti dell'Ncd non fanno parte dei 51 indagati. Gli arrestati sono Incalza, il suo collaboratore Sandro Pacella e due imprenditori Franco Cavallo e Stefano Perotti. Secondo l'accusa, erano il 'Sistema' che pilotava le opere pubbliche, dalla tav a Expo. Dalla ricostruzione fatta dai carabinieri del ros e dai pm fiorentini, la qualità dei rapporti fra Incalza, Perotti e Lupi, oltre che sui regali e sul lavoro trovato al figlio del ministro, sarebbe emersa anche in occasione di alcuni passaggi della recente storia politica. Nel 2013, ricorda il gip, "dopo le annunciate dimissioni dei ministri Pdl/Fi (fra i quali Maurizio Lupi) Ercole Incalza anticipa" a Perotti "che l'incarico di ministro ad interim verrà ricoperto dal ministro per lo sviluppo economico Flavio Zanonato". Perotti commenta: "Un macello". E Incalza di risposta: "Un macello sì, va buo'". Qualche mese più tardi, è il febbraio 2014, Perotti "mostra alla moglie tutta la sua preoccupazione per la possibilità che Maurizio Lupi non sia confermato come ministro per le infrastrutture" e, riferendosi alla possibilità che possa essere nominato Michele Emiliano, commenta: "No, il rischio è questo Emiliano, che sarebbe un magistrato, che è terribile". La possibile esclusione di Lupi dal Governo, continua il gip, fa emergere la preoccupazione di Perotti, che a Franco Cavallo mostra l'esigenza di "chiudere le ultime pratiche". "Non è chiaro - scrive il gip - a quali 'ultime cose' o 'ultime pratiche' alluda Perotti, quello che appare certo è che esse debbano essere 'fatte' o 'chiuse' prima che sia nominato un diverso ministro dell'Infrastrutture e che, pertanto, la presenza di Maurizio Lupi in tale dicastero sia una condizione essenziale per realizzarla".

Ma il gip parla anche di interventi del ministro. L'ex direttore generale della metropolitana di Milano, Giuseppe Cozza, parlando con l'ex presidente del cda di Italferr, Giulio Burchi, "ricorda di aver subito le pressioni di Maurizio Lupi in favore di Franco Cavallo". Mentre nel commentare l'arresto di Antonio Rognoni, "quello dell'Expo", Burchi spiega: "Freddo ai piedi l'avrà il ministro perché era un uomo di stretta osservanza di Lupi questo, eh ma è Comunione e Liberazione". La vicenda che chiama in causa Alfano riguarda l'inchiesta solo in via incidentale. Un imprenditore, Claudio De Eccher, "sottoposto a misura di prevenzione dal Prefetto di Udine" si rivolge a Cavallo, chiedendogli di sollecitare un "urgente intervento del ministro degli Interni". Qualche minuto dopo, annota il gip, Cavallo "ha inoltrato la lettera di posta elettronica ricevuta da Claudio De Eccher al ministro Lupi, chiedendogli un incontro". Il 18 luglio 2014, Cavallo, "dopo essersi incontrato con il ministro Lupi, ha telefonato a Claudio De Eccher dicendogli: 'Io ho parlato con lui, aveva già parlato sia con l'avvocato sia con Angelino'".

Il nome di Alfano viene fatto anche da un consigliere del ministero delle infrastrutture, Giovanni Gaspari, che, nel febbraio 2014, quando Incalza viene rinominato alla struttura di missione, sbotta: "E' veramente una schifezza tale che non ne posso più, mi viene da vomitare, si sono scatenati tutti alla difesa di Incalza oggi, sono passati da Alfano a Schifani ai general contractor". I rapporti di Incalza con la politica sono frequenti. Il gip scrive, per esempio, che utilizza la sua influenza per favorire l'assunzione del figlio di un "più volte deputato" e annota come mediti di avvisare Massimo D'Alema quando non gradisce un'intervista in cui Francesco Boccia critica una "certa alta burocrazia ministeriale". Il gip ritiene poi che sia "da chiarire" il rapporto fra Pacella e un ispettore della Guardia di Finanza in servizio alla segreteria del viceministro delle Infrastrutture Riccardo Nencini. L'ispettore si chiama Massimo Romolini, che oggi si dice "a disposizione per chiarire qualsiasi cosa". Per quel che riguarda i prossimi passi dell'inchiesta, per domani è in programma l'interrogatorio di garanzia a Incalza, in carcere a Roma. "E' un processo di corruzione in cui manca la materia prima, cioè i soldi", ha detto il suo difensore, l'avvocato Titta Madia, che sta valutando la possibilità di sollevare la questione della competenza territoriale. 

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