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Riforme, Renzi: ''No a tentativo blocco minoranza''

Botta-risposta nel Pd. Salta accordo con M5s. Da Fi appello Colle

Con grande lentezza, tra infinite discussioni procedurali, il cammino delle riforme Costituzionali prosegue alla Camera, dopo la decisione presa dalla maggioranza mercoledì notte di portare avanti una seduta "no stop". Il governo ha tentato un accordo con il M5s, ma la condizione posta da quest'ultimo, e cio' l'approvazione di tre propri emendamenti, è stata giudicata non accettabile, cosa che ha provocato la reazione sdegnata dei pentastellati che, pur rimanendo in aula, non hanno preso parte dalle votazioni. E tensioni si sono manifestate anche nella maggioranza, compresa una mancanza di numero legale che ha provocato l'irritazione della presidente Laura Boldrini. Mentre Forza Italia, nel rimarcare il suo disappunto per la marcia a tappe forzate imposta dal governo, si appella al Capo dello Stato Sergio Mattarella. Ma da Bruxelles interviene Matteo Renzi con un avvertimento: "Stupisce che ci sia chi esprime non tanto un dissenso, che sarebbe legittimo, ma che siccome ha le idee in minoranza prova a fare ostruzionismo e tentativi di blocco. La nostra maggioranza non si blocca. Molto bene, avanti tutta". M5s rimane il gruppo di opposizione che in nottata ha praticato con piu' vigore il filibustering, con continui interventi sull'ordine dei lavori e sul regolamento, che hanno di fatto bloccato il voto sugli emendamenti, ridottisi notevolmente dopo che Fi e Lega hanno ritirato quelli ostruzionistici. Di qui il tentativo del relatore Emanuele Fiano, del vicecapogruppo del Pd Ettore Rosato e del governo, di trovare una intesa con M5s per sbloccare i lavori. I Pentastellati hanno posto pero' come condizioni l'approvazione di un certo numero di emendamenti (inizialmente sette e poi scesi a tre) tesi a favorire la "democrazia diretta": eliminazione del quorum nei referendum, obbligo della Camera di esaminare le leggi di iniziativa popolare, possibilità delle minoranze parlamentari di ricorrere alla Corte costituzionale (l'attuale testo del ddl lo ammette solo per le leggi elettorali).

Le richieste sono state pero' respinte da Pd e governo, provocando anche l'ira di Beppe Grillo sul blog. In aula i deputati di M5s hanno proseguito la loro battaglia ostruzionistica, marcando con la non partecipazione alle votazioni il dissenso rispetto alla decisione della seduta fiume. Quest'ultima poi viene dichiarata illegittima anche dalle altre opposizioni, tanto che il capogruppo di Fi Renato Brunetta ha chiamato in causa il presidente della Repubblica Mattarella. Ma la tensione è altissima anche dentro la maggioranza, a causa dei "niet" opposti dal ministro Maria Elena Boschi a numerosi emendamenti. Una "rigidità", secondo Alfredo D'Attorre della minoranza del Pd, che dopo la fine del Patto del Nazareno, risulta "incomprensibile e comica". In particolare la minoranza del Pd insiste affinché sia inserita la norma transitoria che permetta un giudizio preventivo della Corte costituzionale sull'Italicum: emendamento su cui c'era il veto di Fi, che pero' ora si è sottratta al Patto. La linea del ministro Boschi è comunque di apportare il minor numero di modifiche al testo licenziato dal Senato, nella speranza che esso poi confermi quanto deciso dalla Camera in questa lettura. "Ieri abbiamo garantito che la riforma andasse avanti e ci aspettavamo che dopo la fine del patto del Nazareno cambiasse il metodo - minaccia D'Attorre - Se continua cosi' ci sentiremo liberi di votare le nostre proposte in Aula, emergeranno le divergenze nel Pd". Netta la reazione del vicesegretario del partito Lorenzo Guerini: " Non capisco la polemica di D'Attorre. La minoranza Pd è stata sempre coinvolta, ci siamo confrontati per lungo tempo apportando modifiche anche volute da loro. Mi aspetto da tutti un atteggiamento responsabile e leale". E il primo segnale di questa situazione di tensione interna ai dem si è avuto proprio all'apertura della seduta, stamane, quando i deputati della maggioranza non erano sufficienti per garantire il numero legale.

 

LA DIRETTA DALLA CAMERA

 Renzi,su Libia serve tentativo più forte,Italia pronta

 "La Libia è un grande problema dell'Europa da risolvere con decisione e determinazione": lo ha detto il premier Matteo Renzi lasciando il Vertice Ue. Il tentativo dell'inviato speciale per la Libia Bernardino Leon "non è stato sufficiente", quindi "c'è bisogno di un tentativo più forte: l'Italia è pronta a fare la sua parte",ha aggiunto.

 

 

 

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