Se Silvio Berlusconi dirà no al candidato proposto dal Pd, il nuovo presidente della Repubblica "ce lo eleggeremo da soli". Matteo Renzi mette subito in chiaro che è lui a dare le carte, nella partita del Quirinale. E nel giorno in cui, subito dopo le dimissioni di Giorgio Napolitano, il leader di FI alza la voce sul futuro inquilino del Colle, il premier lo avverte che non è disposto ad accettare "veti" da nessuno: "Non da FI, non da Salvini e nemmeno dal Pd", perché il capo dello Stato non può essere "la figurina di un partito". Un'intervista serale in tv, a Le invasioni barbariche, è l'occasione per Renzi per rendere ancora una volta omaggio a Napolitano. "Credo che tutti, quelli che lo apprezzano e quelli che lo apprezzano meno, riconoscano a questo presidente il fatto che ha segnato un'epoca in modo straordinario", afferma. Da "grande uomo politico", è stato lui "il vero artefice delle riforme", con uno spirito "molto più riformatore di tanti non solo suoi ma anche miei coetanei".
Per raccoglierne l'eredità, "ho in mente un arbitro", ribadisce ancora una volta il presidente del Consiglio: "Abbiamo tanti nomi in mente", assicura, senza sbilanciarsi oltre. In questa fase è sul metodo che Renzi vuole concentrarsi: "Niente veti e nessuna competizione ideologica su un nome preferito, perché non è che si sceglie con chi si va a cena", avverte. Il capo dello Stato va eletto "con tutti quelli che ci stanno: con il centrodestra, con i leghisti, con Sel, con Grillo, con i centristi", elenca il premier. Poi frena eventuali pretese di Berlusconi e lancia un amo ai parlamentari 5 Stelle: "Non è possibile che restino chiusi sempre in protesta". L'intervista a Daria Bignardi, negli studi di La7 a Milano, è per Renzi l'occasione di ammettere qualche "autogol" del governo, come le misure per le partite Iva in legge di stabilità, e di tornare sulla "sfida complessa" contro il fanatismo. La soluzione ad attacchi come quello di Parigi "non è chiudere Schengen", anche perché i terroristi non vengono più solo dall'esterno.