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Jobs Act: Poletti, non dobbiamo mettere oneri in più

Minoranza Pd, ancora possibile evitare scontro

Artigiani Cna, Jobs Act non penalizzi i piccoli
Poletti, non produrremo balzelli ulteriori, ora fisco semplice 

I piccoli imprenditori della Cna chiedono di scongiurare il rischio che la riforma del mercato del lavoro introduca per le imprese con meno di 15 dipendenti "oneri nuovi e difficilmente sostenibili". Spetta al loro presidente, Daniele Vaccarino, dirlo al pezzetto di Governo - Giuliano Poletti e Gian Luca Galletti - arrivato a Mirandola alla loro assemblea. E il ministro del Lavoro rassicura: "oggi ragioniamo sulla necessità di fare in modo che si possa crescere, e se c'è una cosa che non dobbiamo fare è mettere addosso oneri in più". Spiega che non c'è l' "intenzione di produrre balzelli ulteriori, elementi di appesantimento. Se possiamo fare qualcosa è trovare la maniera di costruire un ponte che aiuti le imprese a crescere". Un'assemblea voluta da Cna in un capannone distrutto dal sisma del 2012, rinato a tempo di record. Che si vorrebbe paradigma per il paese. Ma anche un'assemblea dove piccoli e piccolissimi imprenditori tirano fuori il loro orgoglio. Perché, spiegano, "un vero 'cambioverso' in questo paese non ci potrà essere fin quando l'Italia non guarderà le imprese per quello che sono, nella loro realtà e nei loro bisogni".

"Condividiamo - dice Vaccarino - i punti salienti della riforma volti a modernizzare e semplificare il mercato del lavoro e le forme contrattuali nonché a rispondere alle esigenze di flessibilità poste all'organizzazione del lavoro dall'economia contemporanea". Il contratto unico a tutele crescenti "può contribuire a semplificare l'attuale quadro normativo in materia di tipologie contrattuali". Ma, appunto, bisogna evitare di introdurre nelle aziende con meno di 15 dipendenti nuovi aggravi. Chiedono, gli artigiani, rassicurazioni anche sull'apprendistato. "Il primo decreto che ho fatto da ministro era sui contratti a termine e sull'apprendistato - risponde durante la tavola rotonda Poletti - Abbiamo fatto un'operazione di semplificazione dell'apprendistato e i numeri dicono che nei due trimestri successivi l'apprendistato ha aumentato i suoi numeri, del 16% nel secondo trimestre e del 3,8% nel terzo". "Siamo a posto? - si chiede- Non ancora, abbiamo ancora delle cose da affrontare". Nel mirino degli artigiani però ci sono anche giustizia ("lenta compromette la propensione all'investimento") e burocrazia. Ma dalle terre colpite dal terremoto, dove ancora gli imprenditori chiedono una sospensione delle tasse, è il fisco forse il principale degli obiettivi. Un fisco la cui pressione, dice Vaccarino, "ha ormai raggiunto livelli incompatibili con lo sviluppo del paese" e la cui "riduzione deve diventare una priorità assoluta dell'azione di Governo".

E qui la risposta del titolare del Lavoro ("meno tasse su lavoro, imprese, norme semplici e certe") è in totale sintonia con quella che dà Matteo Renzi all'inizio dell'assemblea in un video messaggio: "La nostra parte - dice il premier - la facciamo semplificando il sistema fiscale, rendendolo certo più semplice, anche perché vorrei vedere come si fa a renderlo più complicato il sistema fiscale italiano. Modificando il sistema della giustizia civile con il tribunale delle imprese per dire 'sì sì, no no' senza farla troppo lunga. Intervenendo su una burocrazia, vi parlo da ex sindaco, che stritolerebbe anche un leone".

Minoranza Pd punta su Jobs Act, ci sia discussione
Referendum in direzione divide dissidenti ma Renzi tira dritto 

La tregua della legge di stabilità non dura più di una manciata d'ore. Il Jobs Act, una direzione Pd che si preannuncia ancora una volta infuocata e i prossimi passaggi parlamentari di riforme e Italicum, riaccenderanno lo scontro tra l'ala maggioritaria e renziana del Pd e il numeroso, ma frammentato, fronte del dissenso. Ad 'aprire le danze', oggi, è un documento della minoranza Pd al Senato che chiede a Matteo Renzi di non ridurre l'ok del Jobs Act a un mero atto formale. Parole che, difficilmente, troveranno campo libero: i tempi per il governo restano stretti e, per rispettarli, è tutt'altro che escluso che sul provvedimento venga posta la fiducia. E a ravvivare le polemiche ci penserà anche una Direzione convocata per fare un'analisi delle Regionali e nella quale i malumori della sinistra Pd - anche alla luce dell'astensionismo in Emilia-Romagna - non tarderanno a farsi sentire. Ad accendere ulteriormente l'incontro potrebbe poi essere quella proposta di referendum, ventilata ieri da Davide Zoggia e applaudita oggi da Francesco Boccia e Stefano Fassina, diretta alla base del partito, sui punti finora più delicati della politica di governo: riforme, legge elettorale e Jobs Act. Una proposta che, per ora, resta un'ipotesi - ci sarebbe anche il nodo di un 'vulnus' regolamentare - ma che si profila, ugualmente, come un'ulteriore spina nel fianco nel corso renziano.

Il presidente del Pd Matteo Orfini non evita di definirla "surreale" e il premier difficilmente la accetterà di buon grado. Davanti al suo partito, Renzi infatti riproporrà le posizioni già ribadite in passato, rimarcando la necessità e l'opportunità di andare avanti, e a ritmo serrato, con le riforme, e ribadendo la convinzione che un'eventuale spaccatura del Pd sia da addebitare alla minoranza più aggressiva. Nel frattempo, il voto alle Camera sul Jobs Act e il sì negato da 33 Democrat hanno innescato un piccolo trauma nel fronte delle minoranze. Oggi circa 70 deputati hanno partecipato ad una riunione di Area Riformista che ha ribadito la distanza tra il dissenso dei bersaniani - fermo ma comunque responsabile rispetto al governo - e quello di altre aree, da quella vicina a Gianni Cuperlo a quella guidata da Pippo Civati.

Trovare un fronte unico, se una parte della sinistra Pd arriva fino a mettere in discussione la tenuta del governo, sarà difficile, è il punto fermo di Area Riformista, pronta a far sentire la propria, autonoma voce su riforme, legge elettorale e, in futuro, anche Colle, ma allo stesso tempo restia a mettere in campo qualsiasi rottura del partito. Rottura che, salvo clamorose sorprese, non si produrrà neppure al senato sul Jobs Act, nonostante un documento firmato dai senatori D'Adda, Fornaro, Gatti, Guerra, Manassero, Pegorer e Tocci oggi chieda a Renzi di permettere all'Aula del Senato di "meglio definire gli indirizzi contenuti nella legge delega in vista della successiva stesura dei decreti delegati". Che tale richiesta si traduca in una selva di odg o addirittura in una nuova trincea con i civatiani ancora indecisi sul da farsi, resta da verificarlo. Con l'ombra di una fiducia che, di certo, non rasserenerà gli animi.

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