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Renzi un'ora al Colle, dialogo per le riforme

Premier apre a piccole modifiche; e frena suoi su voto anticipato

Mediare, sopire, dialogare. Nonostante le fibrillazioni elettorali e le continue oscillazioni di Silvio Berlusconi, sarebbe questa la via che in oltre un'ora di colloquio, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ed il premier Matteo Renzi avrebbero deciso di percorrere per far arrivare in porto le riforme. Nessun piano B o minaccia di elezioni anticipate, che il Colle non avrebbe gradito, ma un paziente confronto per correggere la prossima settimana il testo sul Senato, fatti fermi i capisaldi, ricompattare il Pd e la maggioranza attendendo di capire se Fi terrà i patti.

Alla vigilia di una settimana cruciale, in cui si capirà se, come vuole Renzi, il Senato delle Autonomie potrà avere almeno un primo via libera, il presidente del Consiglio sale al Colle per un confronto sulla strategia da seguire. E su come aggirare i molti ostacoli sulla via delle riforme. La determinazione di Napolitano e Renzi a rinnovare l'architrave delle istituzioni è la stessa anche se gli stili sono diversi. Al Colle, a quanto spiegano fonti parlamentari, non è piaciuta la linea, ventilata nei giorni scorsi dai fedelissimi di Renzi, della "pistola fumante" usata per piegare le resistenze sia dentro la maggioranza sia nei confronti di Forza Italia. Ma, avrebbe spiegato il premier, le minacce facevano solo parte della tattica, "io voglio arrivare al 2018 - avrebbe assicurato il leader Pd ribadendolo anche con i suoi - abbiamo davvero troppo da fare, troppo da cambiare per lasciarci distrarre da chi vorrebbe che non cambiasse mai nulla in questo paese".

Da giorni infatti, come avrebbe illustrato il premier al Capo dello Stato, i pontieri del Pd sono al lavoro per integrare il testo base del governo sul Senato delle Autonomie. Lasciando immutati i capisaldi (non elettività, niente indennità, no voto di fiducia e sul bilancio), Renzi ha aperto a modifiche sul numero di senatori in proporzione alle dimensioni delle Regioni, sulla quota dei 21 di nomina quirinalizia e anche su qualche funzione in più per la Camera delle autonomie. Un modo che, sono fiduciosi ai vertici del Pd, consentirebbe di ritrovare l'unità interna, fatta eccezione per pochi oltranzisti, e convincere la maggioranza. Un dialogo che, ha spiegato oggi il premier a Napolitano, il governo vuole estendere anche a professori e costituzionalisti nel seminario del 5 maggio.

Quanto a Berlusconi, il premier resta convinto le fibrillazioni altro non sono che "pulsioni elettorali", registra l'apertura di oggi sulla riforma del Senato - non sull'Italicum ma il problema si porrà più avanti - e crede che alla fine il Cavaliere rispetterà il patto del Nazareno. Altrimenti, è la convinzione di molti renziani, si può arrivare in commissione ad un voto a maggioranza. Aspettando che, dopo le elezioni europee, le acque si calmino e Berlusconi torni a miglior giudizio. Ma almeno per la prossima settimana, la via di procedere a maggioranza resta nei cassetti.

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