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L'aggressore di Capitol Hill soffriva di disturbi mentali

Sui social paura per Cia e Fbi e simpatia per Nation of Islam

Torna la paura a Capitol Hill a quasi tre mesi dal tragico assalto alla sede del Congresso americano che costò la vita a cinque persone. Un'automobile si è schiantata contro una delle barriere poste a protezione dell'area travolgendo due agenti della Us Capitol Police. IL VIDEO Il bilancio è di due morti: un agente e il conducente, un cittadino americano di 25 anni dello stato dell'Indiana, identificato come Noah Green. Il presidente americano Joe Biden si è detto "devastato" per quanto accaduto a Capitol Hill.

Noah Green, l'aggressore di Capitol Hill che ha ucciso un agente ed è rimasto a sua volta ucciso, avrebbe sofferto negli ultimi tempi di disturbi psichici. Lo riporta la Cnn citando fonti investigative che stanno indagando sui profili dell'uomo sui vari social media. Nelle ultime settimane Green avrebbe pubblicato in particolare alcuni post in cui diceva di avere paura dell'Fbi e della Cia. Dai profili social a lui riconducibili a Noah Green, riportano i media Usa, sosteneva di avere paura dell'Fbi e della Cia e di essere nel mirino del governo federale che voleva ottenere il controllo della sua mente. In diversi post si professava poi un ammiratore e seguace di Louis Farrakhan, religioso statunitense di 87 anni, musulmano, leader della Nation of Islam, più volte al centro di polemiche per alcuni suoi discorsi considerati antisemiti, omofobi e misogini. Green descriveva Farrakhan come "Gesù, il Messia" e il suo padre spirituale. Poche ore prima dell'aggressione il 25enne, una laurea in finanza conseguita nel 2019 alla Cristopher Newport University, in Virginia, su Instagram aveva affermato come il governo Usa è "il nemico numero uno" per la comunità afroamericana. In una biografia online dei tempi dell'università scriveva poi che la persona della storia che avrebbe voluto incontrare era Malcolm X, e in alcuni post si firmava 'Brother Noah X'. La Nation of Islam è un movimento afroamericano autodefinitosi "setta islamica militante", fondato nel luglio 1930 a Detroit. Alcuni dei suoi leader sostenevano la teoria del cosiddetto 'afroislamismo', secondo cui i discendenti delle vittime dello schiavismo dovrebbero riabbracciare le tradizioni e la religione predominante del loro paese di origine, ovvero l'Islam.

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