C'è anche una società italiana,
la milanese Hacking team, tra le aziende che hanno contribuito a
potenziare l'arsenale cybernetico dei sauditi, in particolare
del principe ereditario Mohammed bin Salman. Arsenale usato non
solo contro i terroristi ma anche contro i dissidenti, tra cui
c'era anche il giornalista Jamal Khashoggi, ucciso da agenti di
Riad a Istanbul. Lo scrive David Ignatius, autorevole columnist
del Washington Post, il quotidiano con cui collaborava
Khashoggi. Figura centrale appare essere l'avvocato Saud
al-Qathani, ex membro dell'aeronautica militare saudita e
dirigente ambizioso alla corte reale di Riad, dove è
responsabile del Center for Studies and Media Affairs. Lui e i
suoi cyber colleghi hanno lavorato inizialmente con l'italiana
Hacking Team, che ha come clienti circa 40 governi.
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