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Ricorso ong israeliane contro legge colonie

Ricorso ong israeliane contro legge colonie

Due ong israeliane hanno fatto oggi ricorso alla Corte suprema di Gerusalemme contro la legge sulla 'regolarizzazione' delle colonie su terre private palestinesi in Cisgiordania, appena approvata dalla Knesset (parlamento). Nel ricorso si afferma fra l'altro che tale legge e' in contrasto col diritto internazionale ed umanitario, e che e' inoltre incompatibile col sistema legale israeliano

La legge israeliana sulla 'regolarizzazione' degli insediamenti e delle case costruiti su terreni privati palestinesi ha superato "una grossa linea rossa" verso "l'annessione dei Territori Occupati". Lo ha detto l'inviato dell'Onu per il processo di pace in Medio Oriente Nicolay Mladenov. Per Mladenov la legge stabilisce un "precedente molto pericoloso. E' la prima volta che la Knesset legifera su terre occupate palestinesi e in particolare in tema di proprietà". Il Parlamento israeliano ha approvato ieri sera la contestata legge che 'regolarizza' gli insediamenti israeliani costruiti su terreni privati palestinesi in Cisgiordania. Il provvedimento è passato alla Knesset con 60 voti a favore; 52 sono stati i contrari. Il premier Benyamin Netanyahu - secondo i primi resoconti - non ha votato in quanto si trovava ancora in viaggio da Londra a Gerusalemme. La tensione in aula è stata altissima. Il leader dell'opposizione, il laburista Isaac Herzog, ha ammonito più volte che l'approvazione di stasera porterà Israele di fronte alla Corte Internazionale Penale dell'Aja e di ciò sarà responsabile - ha sentenziato - lo stesso primo ministro israeliano. Il Leader di Focolare ebraico(partito vicino al movimento dei coloni) Naftali Bennet - il quale è stato anche l'ispiratore della legge - ha osservato durante il dibattito che " la determinazione paga". "Ai nostri amici dell'opposizione che si sono mostrati sorpresi che un governo nazionalista abbia passato una legge a beneficio degli insediamenti vogliamo dire che questa è la democrazia", ha rimarcato. Fino ai giorni scorsi sembrava che la legge non dovesse essere approvata e che dovesse slittare a nuova data, ma il premier Benjamin Netanyahu ha annunciato stasera da Londra, dove ha incontrato il premier britannico Theresa May, che il provvedimento sarebbe stato esaminato secondo programma e che dei contenuti della legge aveva informato la nuova amministrazione statunitense. "Non bisogna sorprendere i nostri amici", ha chiosato.

Obiettivo del provvedimento approvato dalla Knesset - nato anche sulla scia della vicenda dello sgombero dell'avamposto illegale ebraico di Amona disposto dalla Corte Suprema - è quello di "regolarizzare gli insediamenti in Giudea e Samaria (Cisgiordania) e consentire il loro continuo stabilirsi e sviluppo". La legge, che agisce in forma retroattiva, stabilisce un meccanismo di compensazione per i proprietari palestinesi dei terreni su cui sono stati costruiti insediamenti o case: questi potranno ricevere un pagamento annuale pari al 125% del valore dei terreni per un periodo di 20 anni o, in alternativa, altri terreni a loro scelta dove è possibile. Poco prima di partire per la Gran Bretagna, il premier aveva rintuzzato un ultimatum di Bennett deciso, nonostante l'assenza di Netanyahu, a far votare la legge. "Sento tutto il tempo che ci sono ultimatum fasulli, ma non mi fanno alcuna emozione. Io - aveva detto il premier mentre si infittivano le voci che avesse chiesto alla maggioranza di governo un rinvio - sono impegnato nella gestione dello stato e mi dedico all'interesse nazionale e agisco solo sulla sua base". Fonti del suo partito, citate dai media, avevano fatto sapere che la mossa era legata al necessario coordinamento con gli Usa anche in vista dell'incontro che il premier avrà alla Casa Bianca con Donald Trump il prossimo 15 febbraio. Quindi, da Londra, Netanyahu ha dato il via libera al voto della Knesset. La legge è stata fortemente osteggiata non solo dall'opposizione al governo: anche all'interno dello stesso Likud c'e' stato qualche mal di pancia come quello di Benny Begin. Tra le file dei critici vi è anche il Procuratore Generale di Israele Avichai Mandelblit.
   

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