Almeno 10 soldati iracheni e miliziani lealisti sciiti sono stati uccisi dall'inizio, ieri, dell'offensiva per strappare all'Isis Falluja, dove i miliziani jihadisti oppongono un'accanita resistenza. Lo riferisce la televisione panaraba Al Jazira, aggiungendo che altri 15 membri delle forze speciali sono stati uccisi in un attacco dello Stato islamico a Ramadi, un centinaio di chilometri a ovest di Falluja.
Fonti citate dall'agenzia Ap hanno reso noto che stamane le forze governative hanno respinto dopo intensi combattimenti un tentativo di controffensiva dell'Isis nel sud di Falluja, dove erano riuscite a penetrare ieri. Gli scontri sono avvenuti nell'area di Naimiya, dove i miliziani dello Stato islamico hanno attaccato l'esercito usando anche sei autobomba. I cecchini, inoltre, continuano a sparare sui soldati dai loro nascondigli.
L'offensiva lanciata dall'esercito iracheno, che lunedì è entrato a Falluja, conferma le difficoltà militari del 'Califfato', sotto pressione anche in alcune regioni della Siria e in Libia, ma lo Stato islamico appare ancora capace di rispondere con contrattacchi micidiali.
L'Isis ha finora subito le peggiori sconfitte proprio in Iraq, il Paese dove è nato e dove nel giugno del 2014 ha compiuto una fulminea avanzata che l'ha portato ad impadronirsi di circa un terzo del territorio nazionale, compresa Mosul, che è diventata la sua 'capitale' irachena. In poco più di un anno, tuttavia, i jihadisti dello Stato islamico hanno perduto importanti città quali Tikrit, Ramadi e Sinjar. Lo scorso aprile il segretario di Stato americano John Kerry ha detto che l'Isis ha perso in Iraq il 40% dei territori che aveva conquistato. Ma le forze di Abu Bakr al Baghdadi continuano a controllare l'intera provincia di Ninive, nel nord, con capoluogo Mosul, oltre a vaste porzioni della provincia occidentale di Al Anbar, la più estesa del Paese.
Proprio lunedì, in risposta all'offensiva governativa su Falluja, i miliziani dell'Isis hanno lanciato un contrattacco a Hit, a nord-ovest di Ramadi. In Siria nelle ultime settimane le sorti del conflitto contro lo Stato islamico hanno avuto fasi alterne sui vari fronti. A nord di Aleppo i jihadisti hanno compiuto un'avanzata contro le posizioni dei ribelli anti-governativi in direzione della Turchia, penetrando anche nella cittadina di Marea. Più a est, invece, le cosiddette Forze democratiche siriane, una coalizione di miliziani curdi e arabi, ha cominciato un'offensiva in direzione di Raqqa con il sostegno dell'aviazione della Coalizione internazionale a guida Usa. I combattimenti, tuttavia, proseguono intorno ad Ayn Issa, ancora una cinquantina di chilometri a nord della roccaforte siriana dell'Isis.
Lo Stato islamico, comunque, continua a controllare gran parte del nord della Siria, lungo la valle dell'Eufrate, e vaste porzioni di territorio intorno a Palmira, riconquistata dall'esercito siriano nel marzo scorso. In Libia, invece, sono in corso due offensive contro Sirte, la roccaforte dell'Isis. Una è condotta da ovest e sud da milizie di Misurata fedeli al nascente governo di unità nazionale del premier Fayez Al Sarraj. L'altra è stata lanciata contro Bin Jawad, 160 chilometri a est di Sirte, riconquistata ieri dalle Guardie delle installazioni petrolifere (Pfg). Ieri Martin Kobler, inviato dell'Onu per la Libia, ha stimato a circa 2-3mila i miliziani dell'Isis nella regione di Sirte e circa 2mila nel resto del Paese.
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