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La Russia va all'attacco dopo l'arresto di Lady Huawei

Trudeau nega interferenze sul caso

Posso assicurare a tutti che siamo un Paese con un sistema giudiziario indipendente e che le autorità competenti hanno preso le decisioni su questo caso senza alcun coinvolgimento o interferenza politica". Lo ha detto il premier canadese Justin Trudeau in merito all'arresto della top manager di Huawei Meng Wanzhou, avvenuto in Canada nell'ambito di un'indagine Usa. Trudeau ha anche detto di essere stato informato con qualche giorno di preavviso dell'intenzione delle autorità canadesi di arrestarla.

"Ritengo che sia ancora una volta un fenomeno della linea di applicazione extraterritoriale delle leggi nazionali. In Canada, su richiesta americana, si è agito in questo modo, è una cosa inaccettabile. Un atteggiamento di grande arroganza politica e da superpotenza che nessuno accetta e che viene condannata dagli alleati degli Usa. Bisogna porre fine a tutto questo". Così il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov ha risposto sull'arresto della direttrice finanziaria di Huawei.

Gli Usa fanno arrestare lady Huawei. Ira di Pechino  - Brutta tegola sul disgelo commerciale fra Trump e Xi e più in generale sulle relazioni bilaterali Usa-Cina: Meng Wanzhou, 46 anni, vicepresidente e capo finanziario del colosso delle telecomunicazioni cinesi Huawei, nonché figlia del suo fondatore Ren Zhengfei, è stata arrestata in Canada su richiesta degli Usa, proprio mentre la sorella 21enne Annabel Yao, studente ad Harvard, aveva l'onore di aprire le danze al Bal des Débutantes di Parigi. Ora rischia di essere estradata. I dettagli non sono stati rivelati ma gli Stati Uniti stanno indagando Huawei per la presunta violazione delle sanzioni americane all'Iran. L'ambasciata a Ottawa ha accusato il Canada di aver arrestato un cittadino cinese "che non ha violato alcuna legge americana o canadese" e ha chiesto di "correggere immediatamente l'errore" e di "rilasciare" quella che è considerata la donna più potente dell'hi-tech cinese. "Esprimiamo una ferma opposizione e protestiamo con forza contro questa grave violazione dei diritti umani", ha affermato un responsabile dell'ambasciata. Più prudente Huawei: "Siamo convinti e fiduciosi che le autorità canadesi e statunitensi raggiungeranno senza dubbio una conclusione corretta e imparziale. Huawei rispetta tutte le leggi e le regole dei Paesi in cui opera, incluse quelle in materia di controllo delle esportazioni delle Nazioni Unite, degli Stati Uniti e dell'Ue", ha fatto sapere il gigante cinese, specificando di non essere "a conoscenza di illeciti" e che "sono state fornite poche informazioni riguardo alle accuse". Il ministero degli Esteri cinese ha chiesto ad Ottawa di "rivelare i motivi dietro l'arresto" della manager di Huawei ma il ministero della Giustizia canadese ha spiegato di non poterlo fare dopo che la stessa Meng Wanzhou ha chiesto e ottenuto un divieto di pubblicazione dei dettagli. No comment finora anche dal distretto giudiziario orientale di New York, che ha mosso le accuse.

Qualcosa di più si potrà sapere nell'udienza in cui si deciderà se la donna può essere scarcerata su cauzione. La cosa certa è che i ministeri del Commercio e del Tesoro Usa hanno citato la società per sospetta violazione delle sanzioni contro l'Iran, nonché contro la Corea del Nord. L'arresto, avvenuto a Vancouver durante un trasferimento da un volo ad un altro, coincide con il giro di vite in Occidente contro la tecnologia Huawei per il timore che possa essere usata da Pechino a scopi spionistici o cybernetici, anche se la società insiste che non c'è alcun legame governativo. L'amministrazione Trump ha già vietato l'uso dei suoi telefonini nelle agenzie governative ed ora, insieme ad Australia e Nuova Zelanda, ha bloccato l'uso delle sue dotazioni nelle infrastrutture per realizzare le reti ad alta velocità di quinta generazione (G5). Londra non ha messo al bando Huawei ma lo ha fatto ieri Bt, la compagnia privata che domina il network delle tlc in Gran Bretagna, affermando che non userà le tecnologie della società cinese per il suo G5. La guerra a Huawei, diventato il secondo produttore mondiale di smartphone dopo aver superato l'americana Apple, si inserisce in una partita più ampia degli Usa per mantenere la supremazia nelle tecnologie strategiche. Finora ne hanno fatto le spese altre aziende hi-tech cinesi, accusate spesso di hackeraggi e violazioni delle sanzioni americane, in particolare a Teheran e Pyongyang. L'ultimo caso è stato quello del colosso Zte, che ha rischiato la bancarotta per un bando poi sostituito da una multa, grazie ad un accordo fra Trump e Xi

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