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Nuove sanzioni G7, Crimea senza acqua

Jet russi violano confini Kiev taglia acqua a Crimea. Filorussi,osservatori Osce spie Nato

Il G7 ha deciso ulteriori sanzioni contro Mosca per la crisi ucraina, aggravata dal rapimento ieri di un gruppo di osservatori militari Osce e dalle accuse di ripetute violazioni dello spazio aereo ucraino da parte di jet russi mosse dal Pentagono e dal premier di Kiev Arseni Iatseniuk, in visita a Roma dal Papa e dal premier Matteo Renzi. Le incursioni aeree, smentite dal ministero della difesa russo, hanno "il solo scopo di spingere l'Ucraina ad una guerra", ha denunciato Iatseniuk, costretto a rientrare anticipatamente per l'escalation della crisi. Una spirale di violenze e colpi bassi in cui si inserisce anche la decisione di Kiev di chiudere i rubinetti dell'acqua alla Crimea, mettendo a repentaglio l'agricoltura della penisola annessa dalla Russia, anche se per ora non ci sarebbero problemi di acqua potabile, secondo il presidente Serghiei Aksionov.

Lunedì nuove sanzioni - Il primo pacchetto di nuove sanzioni potrebbe essere deciso dagli Usa già lunedì, quando invece i diplomatici dei 28 Paesi della Ue si incontreranno a Bruxelles per discuterne. In ogni caso si tratterà solo di una lista supplementare delle sanzioni della 'fase 2', come il congelamento dei beni e il divieto di viaggiare, e non di quelle della 'fase 3', che colpirebbero interi settori dell'economia russa. Le sanzioni, inoltre, come ha sottolineato la Casa Bianca, saranno "coordinate e complementari ma non necessariamente identiche". Segno di una mancanza di compattezza, soprattutto tra gli Stati Uniti e i vari Paesi europei, più legati economicamente alla Russia e più frenati dall'azione di lobby del mondo bancario e imprenditoriale. Senza ignorare che Mosca ha minacciato di usare l'arma energetica, ossia il gas, che copre quasi il 30% del fabbisogno europeo.

Osservatori Osce ostaggio dei filorussi - Sloviansk, roccaforte simbolo della rivolta secessionista filorussa del sud-est ucraino, vive intanto in stato d'assedio, circondata dalle truppe e dai mezzi blindati dell'esercito ucraino. I 'ribelli' tengono in ostaggio da ieri 8 osservatori militari dell'Osce (quattro tedeschi, un ceco, un danese, un polacco e uno svedese), insieme a 5 ufficiali ucraini che li accompagnavano, accusandoli di essere "spie della Nato" e di essere entrati nel loro territorio senza il loro permesso. Ora vogliono scambiarli con "prigionieri politici" filorussi. Alcune cancellerie europee, come quella tedesca e francese, hanno chiesto il loro immediato rilascio. Anche il capo della diplomazia russa Serghiei Lavrov ha promesso di fare il possibile per la loro liberazione, ma ha chiesto al segretario di Stato Usa John Kerry di usare tutta la sua influenza per la liberazione pure dei leader filorussi arrestati, appoggiando così di fatto le richieste dei separatisti. Il ministero degli Esteri russo ha inoltre rimproverato a Kiev di non aver chiarito la missione degli ispettori militari in una zona di cui non ha il controllo. Kiev li ha invitati in base al documento di Vienna del 2011 sulle misure di rafforzamento della fiducia e della sicurezza tra i Paesi Osce. La loro missione potrebbe aver dato fastidio perché minaccia di smascherare l'eventuale presenza di forze militari russe, denunciata da Usa e Ucraina ma sempre smentita da Mosca. "Con la sua offensiva nell'Est e nel Sud dell'Ucraina Putin sogna di far rinascere l'impero sovietico", ha accusato Iatseniuk in una conferenza stampa a Roma dopo gli incontri con Papa Francesco e Renzi. Il premier italiano gli ha manifestato il forte sostegno al processo di riforme politiche ed economiche del suo governo, mentre il Pontefice, che gli ha anche regalato una penna per firmare la pace, ha rinnovato il suo auspicio per il dialogo "tra tutte le parti interessate" e per l'intesa "tra i popoli della regione". E' probabile che pure la diplomazia vaticana, che aveva fatto leva su Putin contro una guerra in Siria, stia usando tutti i suoi canali per fermare il rischio di un conflitto, benché ci sia il pericolo di camminare sul terreno minato di un Paese diviso anche sul piano religioso, tra gli ortodossi che dipendono dal patriarcato di Mosca e quelli del patriarcato di Kiev. Intanto Lavrov e Kerry cercano di tenere viva la sempre più esile fiammella del dialogo Mosca-Washington, chiedendosi reciprocamente di intervenire urgentemente per abbassare la tensione della crisi.

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