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Fukushima: rabbia e sconforto dell'industria della pesca giapponese

Accuse a gestore per 'assenza dialogo' con comunità locale

All'indomani della decisione di riversare nell'oceano l'acqua radioattiva utilizzata per raffreddare i reattori nucleari di Fukushima, continua la protesta delle cooperative dei pescatori giapponesi nelle prefetture a nord ovest del Paese, che anticipano ulteriori difficoltà per la loro industria.
    Dal 2011 a oggi la ripresa delle attività è inferiore del 20% al fatturato precedente alla catastrofe, una percentuale che sarà soggetta a un ulteriore declino.
    "Una decisione inaccettabile ed estremamente spiacevole", l'ha definita Hiroshi Kishi, il presidente della Federazione nazionale delle cooperative ittiche, spiegando che l'annuncio del governo colpisce al cuore non soltanto i pescatori di Fukushima, ma l'intera industria ittica del Giappone. Una comunità che si trova a fare i conti con la sua stessa sopravvivenza, dicono i residenti locali, dal momento che le nuove generazioni non avranno alcun interesse a intraprendere una professione che non ha un futuro.
    Malgrado le restrizioni in atto negli ultimi 10 anni - che consentono la pesca nell'area a un massimo di due giorni a settimana, l'industria della regione aveva registrato una graduale ripresa negli ultimi anni, che adesso - con molta probabilità - verrà stroncata sul nascere viste le nette proteste e i bandi alle importazioni già sventolati dai Paesi vicini, tra cui Cina e Corea del Sud.
    In un editoriale del giornale progressista Asahi Shimbun, si fa riferimento alle mancate promesse fatte dal gestore dell'impianto di Fukushima Daiichi, la Tokyo Electric Power (Tepco). Dai mancati indennizzi ai residenti sfollati, all'assenza di un confronto diretto coi residenti per una soluzione che faciliti la sostenibilità dell'economia locale.
    "Dal momento che occorreranno altri due anni per l'ideazione di un sistema adeguato per lo sversamento dell'acqua", commenta l'editoriale, piuttosto che fissare delle scadenze Tepco non dovrebbe escludere la possibilità di aumentare la capienza dei serbatoi esistenti, e continuare il dialogo con la popolazione locale". 

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