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Libia: Haftar odina lo stop alle esportazioni di petrolio

Così il presidente turco alla vigilia della conferenza di Berlino

Una tv qatariota, citando una propria fonte, sostiene che la Compagnia petrolifera nazionale (Noc) libica oggi "fermerà tutte le esportazioni di greggio da tutti i porti e terminal nella Libia centrale ed orientale" su ordine di due capi militari al comando del generale Khalifa Haftar. La produzione di petrolio verrebbe ridotta di "almeno 700 mila barili al giorno" per un valore di "oltre 47 milioni di dollari" quotidianamente, scrive l'emittente Libya al-Ahrar sul proprio sito. I due comandanti haftariani che avrebbero "ordinato ai dipendenti dei terminal petroliferi di sospendere le esportazioni" sono Naji Al-Maghrabi, capo delle Guardie degli impianti petroliferi (Pfg), e un non meglio precisato "comandante della sala operazioni della Sirte". 

La Noc sta impartendo in queste ore disposizioni per la chiusura dei terminal petroliferi di Ras Lanuf, Brega e al Sidra, nell'est della Libia, ipotizzando "cause di forza maggiore". Lo riferiscono all'ANSA fonti della sicurezza italiane, "al netto della dilagante retorica e propaganda di parte" nel Paese. Il terminal di Zueitina risultava stamani funzionante con una petroliera che, a quanto si apprende, avrebbe effettuato correttamente il carico. Ma si ritiene che la Noc possa chiederne la chiusura domani.

Il presidente turco Rece Tayyip Erdogan alla vigilia della conferenza di Berlino sulla Libia ha messo in guardia la comunità internazionale che se il "governo legittimo" di Tripoli, guidato da Fayez al Sarraj, dovesse cadere c'è il rischio di "creare terreno fertile per il terrorismo". In un articolo pubblicato su Politico, Erdogan ha sottolineato che "l'Europa dovrà affrontare una serie di nuovi problemi e minacce nel caso il governo legittimo della Libia dovesse fallire". "Organizzazioni terroristiche come l'Isis o Al Qaida che sono state sconfitte in Siria ed Iraq - scrive il presidente turco - troveranno terreno fertile per rimettersi in piedi". 

La missione Onu in Libia esprime "profonda preoccupazione per gli attuali sforzi per interrompere o compromettere la produzione di petrolio" nel Paese. "Questa mossa avrebbe conseguenze devastanti prima di tutto per il popolo libico che dipende dal libero flusso di petrolio - si legge in un comunicato dell'Unsmil - e avrebbe effetti terribili per la situazione economica e finanziaria già deteriorata del Paese". L'Unsmil reitera "l'importanza di preservare l'integrità e la neutralità della National Oil Corporation". Di fronte agli appelli e alle minacce di fazioni vicine al generale Khalifa Haftar, che comanda l'est della Libia compresa l'importante 'mezzaluna petrolifera', di bloccare i porti e gli impianti di petrolio della Cirenaica, l'Unsmil - alla vigilia della Conferenza di Berlino - "esorta tutti i libici a esercitare la massima moderazione, mentre i negoziati internazionali continuano a mediare la fine della lunga crisi della Libia, inclusa la raccomandazione di misure per garantire la trasparenza nella distribuzione delle risorse". 

IL PUNTO SULLA CONFERENZA DI BERLINO

Il premier libico Fayez al Sarraj potrebbe disertare la conferenza di Berlino ed inviare soltanto una delegazione. L'indiscrezione sul clamoroso passo indietro rilanciata dalla tv basata in Qatar Libya al-Ahrar, se fosse confermata, rischia di indebolire la sostanza della riunione, convocata con la speranza di un cessate il fuoco duraturo. In un'atmosfera già tesa per i nuovi scambi di accuse tra gli opposti schieramenti, ad appena due giorni dall'inizio dei lavori, con il presidente turco Erdogan che ha bollato il generale Khalifa Haftar come "un uomo inaffidabile". Nella capitale tedesca gli sherpa sono al lavoro per perfezionare una bozza di intesa da sottoporre alle parti al meeting in programma domenica.

La molla che avrebbe fatto scattare Sarraj sarebbe stata un passaggio nel documento, nella sua ultima versione, in cui si chiede un "nuovo governo di accordo nazionale": una mossa letta dall'entourage di Sarraj come il tentativo di spingere il premier a farsi da parte. In questi termini, l'unico e realistico obiettivo della conferenza di Berlino appare quello di convincere le parti a sottoscrivere il consolidamento del cessate il fuoco scattato una settimana fa. Come precondizione per riavviare il negoziato politico, paralizzato negli ultimi nove mesi dall'offensiva di Haftar su Tripoli, e congelato dallo stesso generale nelle ultime trattative a Mosca. Appare invece prematuro il via libera ad una missione internazionale sul terreno, sotto forma di una forza di interposizione Ue, per garantire il cessate il fuoco. Secondo l'Alto Rappresentante Joseph Borrell, se c'è una tregua, l'Ue "deve essere pronta ad aiutare, eventualmente anche con soldati", anche per "controllare l'embargo alle armi".

E anche il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, come ripetuto negli ultimi giorni da Roma, ha ribadito che una "missione di pace Ue" serve. Allo stesso tempo, rilevano fonti a Bruxelles, molti Stati membri non sarebbero in grado di garantire la loro parte di militari o, nel caso della Germania, sarebbero riluttanti a farlo. Fredda anche la Francia, con fonti diplomatiche a Parigi che sottolineano come già dopo la crisi del 2011 i libici non hanno voluto una forza internazionale nel proprio paese. A Bruxelles c'è anche incertezza su quale atteggiamento mostreranno le parti a Berlino. E le dichiarazioni poco concilianti delle ultime ore alimentano i dubbi. Il presidente turco Recep Tayyp Erdogan, infatti, ha definito Haftar "inaffidabile", accusandolo di proseguire i suoi attacchi su Tripoli a dispetto del cessate il fuoco. E l'Egitto, schierato con Haftar, ha condannato l'invio di truppe turche in Libia: possono avere "un impatto negativo sulla conferenza di Berlino e sulla situazione interna in Libia", ha affermato il ministro degli Esteri Sameh Shoukry, parlandone con Di Maio. Quanto ad Haftar, il generale mantiene un profilo ambiguo.

Dopo essersi rifiutato di siglare la tregua con Sarraj a Mosca, rifiutandosi di abbandonare le posizioni acquisite sul terreno, oggi è volato ad Atene per fare sponda con il governo greco contro il trattato sulla gestione dei confini marittimi firmato da Erdogan con Sarraj, che prelude a trivellazioni turche nel Mediterraneo in cerca di petrolio. Haftar poi ha scritto al "caro amico Putin" dicendosi pronto a tornare in Russia per continuare a discutere di pace. Quasi ed escludere che le sorti della Libia si decideranno a Berlino. Di certo, al momento, c'è soltanto che in Germania ci saranno tutti quelli che contano, al di là di Sarraj e Haftar. Dai capi di Stato e di governo dei principali paesi europei a Erdogan, Putin e Sisi. Per l'Italia parteciperanno il premier Conte ed il ministro Di Maio, ed i russi ancora una volta hanno riconosciuto il ruolo del nostro paese per la soluzione della crisi. "Non ci sono stati errori" dell'Italia in Libia, anzi "non era tra i Paesi a spingere" per i bombardamenti della Nato nel 2011, ha ricordato il ministro degli Esteri Serghiei Lavrov, che vedrà il titolare della Farnesina a Berlino domenica mattina prima dell'inizio della conferenza. Nella partita libica anche gli Stati Uniti tenteranno un rientro in grande stile, dopo essere rimasti di fatto alla finestra. L'obiettivo degli americani, che a Berlino saranno rappresentati dal segretario di Stato Mike Pompeo, è il cessate il fuoco duraturo ma anche il "ritiro di tutte le forze esterne": un segnale ai russi filo-Haftar, ma anche al riottoso alleato turco nella Nato. 

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