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Brexit: Johnson dalla Regina poi avvia campagna: 'Voto colpa del Parlamento'

Corbyn lo attacca: 'Siamo diversi da te, vinceremo noi'

Visita di cortesia alla regina Elisabetta del primo ministro conservatore Boris Johnson, ricevuto stamattina a Buckingham Palace per informare la sovrana dell'avvenuto scioglimento della Camera dei Comuni, formalizzato poche ore prima, in vista delle elezioni anticipate britanniche già fissate per il 12 dicembre.

Con la chiusura della Camera elettiva di Westminster, i cui 650 seggi sono stati dichiarati secondo prassi tutti vacanti, la campagna elettorale - in corso di fatto da alcuni giorni - è entrata oggi nella sua fase ufficiale di 5 settimane garantite dalla legge nel Regno Unito prima delle convocazione delle urne e del voto.

Johnson ha rotto di nuovo la convenzione della riservatezza dei colloqui fra il primo ministro e la regina, svelando via Twitter una domanda fattagli oggi da Elisabetta II durante un breve incontro a Buckingham Palace. All'uscita, ha raccontato uno scambio di battute filmandosi con il telefonino e sottolineando come Sua Maestà abbia posto "come sempre la migliore domanda".

"Perché abbiamo queste elezioni?", pare abbia chiesto la 93enne Elisabetta, stando alla ricostruzione del premier Tory. Di norma le conversazioni fra il capo del governo britannico e la monarca restano riservate per prassi consolidata, anche se qualche ricorrente indiscrezione non è mancata da parte di diversi primi ministri. Nel caso di Johnson si tratta del secondo caso in due incontri, notano i media.

Un manifesto elettorale centrato sulla promessa di attuare la Brexit senza altri rinvii, ma anche sulla volontà di rappresentare un'alternativa agli antipodi del Labour di Jeremy Corbyn, bersaglio di attacchi senza quartiere: è la piattaforma del Partito conservatore britannico in vista del voto politico del 12 dicembre, anticipata da Boris Johnson sul Daily Telegraph a poche ore dal lancio ufficiale di oggi. A Corbyn il premier Tory imputa d'odiare i ricchi e l'economia di mercato e d'impersonare una svolta di estrema sinistra ai limiti dello stalinismo. "La tragedia del moderno Partito laburista sotto Jeremy Corbyn - accusa - è che detesta la spinta verso il profitto in modo talmente viscerale da puntare il dito contro singoli individui con un'invidia, uno spirito vendicativo che non si vedevano da quando Stalin perseguitò i kulaki". Per il resto BoJo insiste sull'uscita immediata dall'Ue come un passo fondamentale per assicurare il rispetto del referendum del 2016 e permettere al Paese di guardare avanti. Mentre invita a non votare candidati pro Remain in nessun collegio.

Jeremy Corbyn risponde a Boris Johnson in un comizio a Talford, in vista delle elezioni britanniche, e marca la sua differenza radicale con il premier conservatore in termini pure personali. "Io non sono nato per comandare", rivendica il leader laburista infiammando la platea, ma per "condividere" eventualmente il potere, anche con le comunità locali, e "aprire porte perché altri possano entrare". Corbyn aggiunge di voler essere giudicato sulla promessa di risolvere la questione Brexit in sei mesi (negoziando un accordo più soft con l'Ue da sottoporre poi a un secondo referendum), ma anche di eliminare in 5 anni la povertà del lavoro sottopagato e i fenomeni in aumento dei senzatetto e delle persone costrette a ricorrere alle cosiddette banche del cibo per mangiare. "Il Labour - conclude - è assolutamente determinato a vincere le elezioni" e poi a "ricostruire" sanità, scuole, polizia e a "tassare coloro che sono in alto per finanziare adeguatamente i servizi per tutti": "una chance unica in una generazione per trasformare il Paese e abbatterne le barriere".

Le elezioni anticipate nel Regno Unito del 12 dicembre sono conseguenza di un "Parlamento paralizzato e arrivato a un punto morto" dopo essersi "rifiutato più volte di attuare la Brexit e onorare il mandato espresso dal popolo" nel referendum del 2016. Così il premier britannico Boris Johnson lanciando la campagna elettorale Tory in un discorso alla nazione di fronte a Downing Street e tornando a promettere l'uscita in tempi rapidi dall'Ue se le urne gli assegneranno la vittoria.

 

 

 

 

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