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Brexit, il piano di Boris per chiudere il Parlamento

'Sospensione di 5 settimane per evitare rinvii'. Ma Londra nega

Persino la chiusura di Westminster per cinque settimane avrebbe considerato il primo ministro britannico Boris Johnson per scongiurare il rischio di un rinvio della Brexit, fissata per il 31 ottobre, scadenza ultima fin qui concordata per le trattative con l'Ue. A rivelarlo è il domenicale Observer, secondo cui Johnson avrebbe chiesto al procuratore generale, Geoffrey Cox, se il Parlamento britannico possa essere chiuso per cinque settimane a partire dal 9 settembre, al fine proprio di impedire ai parlamentari di forzare un ulteriore rinvio. Sono indiscrezioni, che però al momento sembrano rispecchiare la determinazione di Johnson a mantenere la sua promessa, così come l'ha ribadita anche nei colloqui tenuti oggi con il presidente del Consiglio Ue Donald Tusk a margine del G7 a Biarritz. Molto altro non è emerso dall'atteso incontro fra i due, se non la consapevolezza che la situazione è delicata, che le possibilità di un accordo vanno forse migliorando, ma con una sequela di condizionali che fa ribadire all'inquilino di Downing Street la necessità di tenersi comunque pronti all'eventualità di un 'no deal', oltre a ripetere che la palla è nel campo Ue. Così, per rassicurare i britannici, dalla Francia Boris Johnson ha rimarcato che i suoi messaggi in merito al conto della Brexit di 39 miliardi di sterline che Londra dovrebbe pagare per il divorzio e alla questione del backstop sono "giunti" ai leader dell'Ue. Senza un accordo, ha sottolineato, la Gran Bretagna non è legalmente obbligata a liquidare quei 39 miliardi. "Il no deal o l'accordo dipendono interamente dai nostri amici europei e penso che negli ultimi giorni abbiamo avuto un discreto successo con i messaggi su ciò che il Regno Unito può fare e non può fare", ha detto.
   

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