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Soros 'paladino democrazia liberale', uomo dell'anno del Financial Times

Il riconoscimento al filantropo nel mirino di Trump e Orban

(di Fabio Govoni)

La sua natia Ungheria e la sua seconda patria americana lo hanno messo all'indice e ostracizzato. Ma George Soros diventa cittadino del mondo sugli scudi del Financial Times, che fa del finanziere e filantropo progressista l'Uomo dell'anno 2018.
    Quasi una reazione diretta al recente sfratto della sua Central European University da Budapest, il prestigioso quotidiano finanziario britannico, che per l'occasione è andato a trovarlo a Marrakech, ricorda come Soros sia "il portabandiera della democrazia liberale e della società aperta. Queste sono le idee che hanno trionfato nella Guerra Fredda e che oggi sono sotto assedio da ogni lato, dalla Russia di Vladimir Putin all'America di Donald Trump", passando per l'Ungheria di Orban e la Turchia di Erdogan, che ha di recente chiuso la filiale locale delle sue Open Society Foundation, il motore della filantropia progressista del milionario, accusata di promuovere invece la divisione, di finanziare l'opposizione e le proteste.
    Una filantropia con cui George Soros - ebreo riuscito a sfuggire alla deportazione e alla morte nei campi di sterminio nazisti rimanendo nascosto in campagna; riparato in America a 26 anni nel 1956, quando l'Ungheria era sotto il tallone comunista - per oltre tre decenni ha combattuto contro l'autoritarismo, il razzismo e l'intolleranza. "Attraverso il suo lungo impegno in favore dell'apertura, della libertà di stampa e dei diritti umani, si è attirato prima l'ira dei regimi autoritari e poi anche dei populisti nazionalisti che continuano a guadagnare terreno, in particolare in Europa".
    Il tallone di Achille che presta il fianco ai detrattori è quello della sua 'doppia personalità': uomo di finanza e padre degli hedge fund con un passato di speculatore, che ha costruito la sua fortuna in parte scommettendo sulle disgrazie altrui - è accusato anche di essere nemico della Banca d'Inghilterra per aver speculato contro la sterlina nel 1992 - e parallelamente filantropo con dedizione totale alla sua causa: dedizione che il Ft descrive come "zelo messianico". Due poli che hanno ruotato insieme per un lungo tempo, quasi di pari passo. Risale al 1984, infatti, il primo atto del Soros filantropo, quando finanziò borse di studio all'estero per studenti neri in Sudafrica in funzione anti-apartheid e quelle per gli studenti in Europa orientale, a cominciare dalla sua Ungheria, dove stabilì la prima delle Open Society Foundation, sempre nel 1984. Fondazione che, ricorda il Financial Times, finanziò gli studi del giovane Orban.
    Ora Orban è il capofila degli 'anti-sorosiani' e nella campagna di denigrazione con la quale il premier nazionalista ungherese è riuscito ad avere ragione prima della fondazione e ora dell'università, con toni che sfiorano l'aperto antisemitismo, ha tappezzato l'Ungheria di manifesti con una foto di Soros che lo ritrae con un sorriso che, ricorda Ft, richiama un po' il "ghigno del perfido ebreo" della propaganda antisemita del Terzo Reich e lo slogan "Non permettiamo a Soros di ridere per ultimo". L'accusa? Voler promuovere l'immigrazione come forma di cospirazione contro l'Occidente. Anche nella sua seconda patria, l'America, Trump non gli perdona di essere stato generoso finanziatore della campagna di Hillary Clinton e, essendo in favore dell'accoglienza e dell'integrazione dei flussi migratori, lo accusa di essere l'organizzatore della carovana di migranti che dal Centramerica è arrivata di recente a bussare alle porte degli Stati Uniti.
    "Mi si accusa di tutto, anche di essere l'Anticristo", dice Soros al Ft. "Mi piacerebbe non avere così tanti nemici, ma lo prendo come un segnale che forse sto facendo qualcosa di giusto".  

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