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Discriminazione e privilegio, accuse a Oxford e Cambridge

Dati shock su ammissioni. Deputato nero, 'é apartheid sociale'

(di Alessandro Logroscino) (ANSA) - LONDRA - Sono il tempio per antonomasia dell'accademia britannica e per accedervi, non ci sono dubbi, bisogna essere bravi. Ma, possibilmente, anche bianchi, benestanti e di 'buona famiglia'. In un Regno Unito multietnico, che si pretende sempre più cosmopolita e moderno, i prestigiosi atenei di Oxford e Cambridge - 'Oxbridge' secondo il nomignolo che li accomuna - si confermano una trincea elitaria, non aliena da sospetti di discriminazione sociale e persino razziale. A certificarlo, i dati sulle ammissioni del quinquennio 2010-2015.

    Il fenomeno - denunciato con forza dal giornale progressista Guardian - riaccende la polemica sull'altra faccia della medaglia di istituzioni che per molti versi rappresentano una vetta nell'orgoglio nazionale del reame di Elisabetta II: capaci di primeggiare finanche sui più ricchi atenei americani nelle classifiche internazionali dell'istruzione d'eccellenza.
    A macchiare il panorama sono le nude cifre. Circa i quattro quinti degli studenti accolti nei vari pensatoi delle due storiche città universitarie dell'isola (fra il 79 e l'81% del totale) vengono invariabilmente dai ceti privilegiati, figli e figlie di professionisti d'alto lignaggio, top manager o affini.
    Un carattere 'classista' e un divario di censo accentuati dall'enorme disparità delle provenienze fra Londra o altre aree circostanti e le regioni dell'Inghilterra profonda. Come se non bastasse, un terzo dei college di 'Oxbridge' risulta off limits per qualunque studente britannico nero, anche se in possesso di diploma di high school con il massimo dei voti al pari dei migliori concorrenti di pelle più chiara. Mentre ai giovani di origine pachistana va la miseria d'un 1% dei posti disponibili.
    Una realtà "scioccante", accusa il deputato laburista David Lamy, discendente d'immigrati caraibici alla cui ostinazione si deve la diffusione pubblica di questi imbarazzanti numeri aggiornati, secondo cui "é spaventoso scoprire" come le università più celebrate del Paese restino "l'ultimo bastione del vecchio". "Affrontare le disuguaglianze é un lungo viaggio che richiede sforzi congiunti dell'intera società", é la replica non priva d'autocritica d'un portavoce di Oxford, il quale evoca comunque "progressi". Mentre da Cambridge - al centro di qualche polemica recente anche in seguito al caso di Giulio Regeni, il ricercatore italiano ucciso in Egitto, e al sospetto d'una certa reticenza nei confronti degli inquirenti di Roma - il commento é più sbrigativo, al netto degli sbandierati finanziamenti per "il superamento delle barriere": "Noi ammettiamo solo gli studenti migliori, in base a considerazioni accademiche". Risposte non certo in grado di attenuare lo sdegno di Lamy, furioso pure col "disinteresse compiacente" imputato ai governi conservatori e convinto che Oxbridge - auspici e ipocrisie a parte - resti una riserva dorata utile ad allevare ed educare quasi esclusivamente i rampolli "d'una minoranza privilegiata". Quando non a perpetuare una sorta di "apartheid sociale". (ANSA).
   

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