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Il popolo di Sadiq, 'la nuova Londra siamo noi'

Musulmani e non guardano a Khan: 'E' una vittoria storica'

La chiamata del muezzin risuona dall'altoparlante ma si confonde col trambusto del traffico caotico di Londra. Davanti alla moschea di Lea Bridge Road decine di fedeli si affrettano per la preghiera del venerdì: escono dai negozi dell'East London, qualcuno parcheggia l'auto del servizio Uber, toglie l'auricolare del telefono e si sfila le scarpe prima di entrare nel luogo di culto.

"E' un fatto storico che Sadiq Khan abbia vinto", dice Khalid all'ANSA, quando ormai i risultati confermano le attese per l'elezione a sindaco di Londra e tanti nella comunità islamica della capitale sono emozionati perché "uno di noi" governerà la metropoli. Ma sono londinesi prima di essere musulmani e si sentono a loro agio nella città moderna e piena di opportunità per tutti che sembra proprio abbia vinto la sfida del multiculturalismo: il trionfo di Sadiq ne è una riprova. Lui, figlio di immigrati pachistani, diventa infatti il sindaco di una 'nuova' Londra, dove i cosiddetti anglosassoni bianchi sono diventati minoranza e convivono persone dalle origini e provenienze più differenti, fra cui decine di migliaia di italiani. Non è un caso infatti che anche l'italiana Ivana Bartoletti fosse fra i candidati nella squadra di Khan e anche se non è riuscita ad aggiudicarsi un seggio nella London Assembly ha combattuto fino all'ultimo voto con l'avversario conservatore, Keith Anthony Prince. Guardando a quanti vanno verso la moschea, pochi con indosso gli abiti tradizionali tipici dell'Asia centrale e tanti invece con jeans e magliette variopinte, non viene certo da pensare alle vie di Hackney come a un 'ghetto' o a un 'Londonistan' isolato dal resto della metropoli, come invece può accadere in altre realtà inglesi, fra cui la città di Bradford, dove appare più complessa la convivenza fra gruppi diversi.

"A Londra mi sento proprio a casa - spiega Ahmed, di origini pachistane come il sindaco entrante - lavoro molto, 16 ore al giorno sul mio minicab, certo è una città difficile e costosa ma mi è stata data un'opportunità anche se venivo da lontano e così posso aiutare la mia famiglia rimasta in Pakistan". La voce del muezzin intanto sale e pare chiamare gli ultimi ritardatari alla preghiera, come Abdel, un signore anziano che si appoggia su un bastone. "Quando sono arrivato qui, negli anni Cinquanta, non c'era nemmeno una moschea - spiega - ora per fortuna devo fare soli pochi passi per arrivarci".

In questi decenni la città è cambiata in modo radicale: i minareti, quasi sempre piccoli e 'discreti', si sono diffusi un po' ovunque, in particolare a est della capitale. Ora a Londra si contano più di 400 moschee e centri islamici, frequentati da una comunità che ha superato le 650mila persone, diventando il 12,5% della popolazione totale. Le elezioni sono state un momento molto importante per esprimere appieno la loro appartenenza alla vita pubblica. "Abbiamo invitato tutti i nostri fratelli ad andare a votare", ha detto Salman Farsi, portavoce della grande moschea di Whitechapel, uno dei maggiori centri islamici nella metropoli. "Non abbiamo però dato indicazioni di voto, anche se c'era un candidato musulmano".

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