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Putin ritira le truppe dalla Siria, 'missione compiuta'. Mosca, primo gruppo di jet lascia base russa

Restano basi. Telefonata con Obama mentre ripartono colloqui Onu

Con una mossa a sorpresa, Vladimir Putin ha ordinato il ritiro della "maggior parte" delle forze russe dalla Siria, motivando la decisione con l'intento di facilitare i negoziati ripresi oggi a Ginevra tra governo e opposizioni e senza parlarne con i colleghi stranieri. Negoziati che l'inviato speciale dell'Onu, Staffan de Mistura, ha definito come "il momento della verità", mentre il cessate il fuoco è arrivato inaspettatamente al diciassettesimo giorno.

Intanto il segretario di Stato americano John Kerry ha comunicato che sarà a Mosca la prossima settimana per discutere il ritiro russo dalla Siria e i colloqui di pace.

Il primo gruppo di aerei russi, dunque, ha lasciato la base russa di Hmeimim in Siria. I velivoli, sottolinea il ministero della Difesa russo, effettueranno degli stop lungo la rotta da 5000 chilometri che li riporterà a casa sia per rifornirsi di carburante sia per controlli tecnici. 

La Russia tuttavia continuerà i raid aerei conto obiettivi terroristici in Siria, ha detto il vice ministro della Difesa Nikolai Pankov, citato dalla Tass. "E' ancora presto per parlare di vittoria sul terrorismo", ha dichiarato. "Le forze aeree russe dislocate nella base siriana - ha spiegato Pankov - hanno il compito di continuare a bombardare le infrastrutture dei terroristi". Insomma, se il grosso delle truppe di Mosca sta facendo rientro a casa, il contingente militare che resta in Siria - protetto dall'avanzato sistema antimissilistico S-400 - continuerà a dare filo da torcere ai jihadisti, per quanto il numero delle sortite è destinato a calare vertiginosamente. "Certi risultati positivi sono stati raggiunti", ha detto ancora Pankov. "E' emersa una concreta opportunità di porre fine al conflitto e alla violenza, ma è troppo presto per parlare di vittoria sul terrorismo". Il vice ministro ha poi ricordato che dal cessate-il-fuoco sono escluse le sigle terroristiche riconosciute dall'Onu come "Jabhat an-Nusra, Isis o altre".

"Chiediamo il ritiro di tutte le truppe straniere dalla Siria, non solo quelle russe", ha detto oggi a Ginevra Salim al Muslet, dell'Alto comitato per i negoziati (Hnc) delle opposizioni in una dichiarazione trasmessa in diretta dalla televisione panaraba Al Jazira. Quanto all'annuncio del presidente russo Vladimir Putin sul ritiro delle sue truppe, Al Muslet ha detto: "Sentire un annuncio è una cosa, vederlo applicato sul terreno è un altro. Sarà uno sviluppo positivo se Putin è serio nel volerlo applicare".

 

IL PUNTO AUDIO DEL CORRISPONDENTE ANSA DA MOSCA

Lunedì sera Barack Obama e Putin in una telefonata, resa nota dalla Casa Bianca, hanno discusso del ritiro e "dei prossimi passi necessari" per la fine delle ostilità. Il ritiro russo é cominciato nel giorno del quinto anniversario dell'inizio della spirale di violenza che ha messo in ginocchio il Paese. Il capo del Cremlino, citato dalle agenzie russe, ha detto che "gli obiettivi sono stati raggiunti", le forze russe hanno "creato le condizioni per far iniziare il processo di pace" e ora il loro ritiro può essere "una buona motivazione per dare inizio ai negoziati politici tra le forze del paese".

Putin ha informato della decisione in una conversazione telefonica il presidente siriano Bashar al Assad, il quale - riferisce il Cremlino - gli avrebbe assicurato di "essere pronto a iniziare il processo politico il più presto possibile". Da Damasco si fa sapere che la decisione russa è stata presa in totale accordo tra i due leader, mentre i rappresentanti dell'opposizione siriana hanno aperto all'annuncio di Putin affermando che "se c'e' la volontà di ritirarsi, ciò può dare impulso ai colloqui di pace".

Anche nel comunicato della Casa Bianca dopo la telefonata tra i due leader si parla dell' obiettivo di fare avanzare la trattative politiche su una risoluzione del conflitto e si sottolinea che Obama ha messo in evidenza la necessità di una transizione politica". Ma intorno al significato della decisione dello 'zar' rimangono alcuni dubbi. Primo perché Mosca non ha mai ammesso il dispiegamento di truppe sul terreno, bensì solo di forze aeree impegnate dal 30 settembre scorso in raid per quello che è stato sempre presentato come l'obiettivo dell'operazione, la lotta al terrorismo. E l'Isis, escluso dal cessate il fuoco in vigore dal 27 febbraio, rimane padrone di vaste regioni, tra cui quella di Palmira, dove le forze governative stanno avanzando proprio con l'appoggio dei bombardamenti russi. In secondo luogo, rimarrà operativo, insieme alla base navale di Tartus, l'aeroporto russo di Hemeimeem, nella provincia di Latakia, da cui partono i raid.

Una delegazione del regime siriano ha incontrato a Ginevra de Mistura nella prima giornata del nuovo round negoziale. Governo e opposizione sono giunti nella città svizzera per riprendere separatamente con l'inviato dell'Onu le trattative che erano state sospese il 3 febbraio a causa di un'offensiva governativa nel nord sostenuta da massicci bombardamenti russi. "Non c'è nessun 'piano B' - ha avvertito de Mistura -. Se falliscono le trattative si torna alla guerra, che sarà peggiore di prima". Ma il percorso da affrontare è lungo e accidentato perché, ha sottolineato ancora de Mistura, "la vera questione da affrontare, la madre di tutte le questioni, è la transizione politica". E su questo le posizioni restano molto distanti.

Continuano nel frattempo gli sforzi delle organizzazioni umanitarie per portare soccorso alle popolazioni assediate approfittando della cessazione delle ostilità. Ma in una dichiarazione congiunta le principali agenzie delle Nazioni Unite e i loro partner hanno detto di non essere riuscite finora a raggiungere nemmeno il 20 per cento dei civili interessati, mentre sui dati ci sono opinioni contrastanti. Secondo l'Onu, gli abitanti delle aree assediate sono circa mezzo milione, mentre Medici senza Frontiere ha parlato oggi di 1,9 milioni di persone. Le sofferenze più gravi sono quelle dei bambini, come ha ricordato in un rapporto l'Unicef: sono 8,4 milioni, pari all'80 per cento, quelli colpiti in qualche modo dal conflitto. Sette milioni vivono in povertà, mentre 3,7 milioni sono nati dopo l'inizio della guerra, e quindi non conoscono altra realtà. Dopo il primo incontro con de Mistura, l'ambasciatore siriano all'Onu Bashar al Jaafari, che guida la delegazione di Damasco, ha detto che il colloquio è stato "positivo e costruttivo" e che le due parti torneranno a vedersi mercoledì. Prima di allora, cioè domani, il rappresentante dell'Onu incontrerà la delegazione delle opposizioni, denominata Alto consiglio per i negoziati (Hnc). Ma nessuno si nasconde che lo scoglio contro il quale rischiano di infrangersi i negoziati è il ruolo di Assad nel futuro del Paese, di cui non a caso non hanno parlato Putin e il rais nella loro telefonata. De Mistura insiste sulla necessità di tenere elezioni presidenziali entro i prossimi 18 mesi. Le opposizioni pretendono l'uscita di scena del capo del regime, mentre la delegazione governativa ribadisce che le trattative devono procedere senza "precondizioni". Inoltre, a pesare sul percorso negoziale è l'assenza delle forze curde che controllano vaste regioni nel nord della Siria, e che la Russia ha chiesto inutilmente di far sedere al tavolo delle trattative.

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