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Regeni: la condanna di Strasburgo, l'Egitto dica verità a Italia

Giulio Regeni, i genitori al Quirinale da Mattarella

Gli inquirenti italiani che indagano sull'omicidio di Giulio Regeni sono stati invitati al Cairo al fine di essere informati "degli ultimi sviluppi investigativi relativi alla morte" del ricercatore universitario. Lo comunica il procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone. Nell'accogliere l'invito, il procuratore ha annunciato che l'incontro "sarà organizzato a breve".

La condanna di Strasburgo. La plenaria del Parlamento europeo ha approvato praticamente all'unanimità (588 sì, 10 no, 59 astenuti) una risoluzione 'bipartisan' presentata da tutti i gruppi (tranne lo Efn di Le Pen e Salvini) che "condanna con forza la tortura e l'assassinio del cittadino europeo Giulio Regeni" in Egitto. Il Parlamento "chiede" al Cairo di "fornire alle autorità italiane tutti i documenti e le informazioni necessarie" per l'inchiesta e sottolinea con "grave preoccupazione" che il caso Regeni "non è un incidente isolato".

 

I genitori incontrano Mattarella. Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha ricevuto mercoledì al Quirinale Paola e Claudio Regeni, genitori di Giulio, con la sorella Irene. Lo rende noto un comunicato del Quirinale.

Giulio Regeni "è morto non più tardi delle 24 ore precedenti il ritrovamento del suo corpo, la mattina del 3 febbraio. Quindi è morto in un lasso di tempo compreso tra il 2 e il 3". Lo dice in un'intervista a Repubblica.it il procuratore aggiunto di Giza Hassam Nassar - il magistrato che sta conducendo le indagini sulla morte del giovane ricercatore friulano - sottolineando che "le violenze che ha subito sono state inflitte tutte in un'unica soluzione, tra le 10 e le 14 ore precedenti la sua morte".

    Nell'intervista il procuratore parla anche di "equivoco" in relazione alle sevizie e alle torture cui sarebbe stato sottoposto Regeni. "Sulle unghie e alle lesioni alle orecchie si è creato un equivoco - spiega - sono stati i medici legali egiziani ad asportare le une e le altre per poter effettuare esami accurati. Nel caso delle unghie si voleva verificare se contenessero tracce che potevano far risalire o dimostrare una colluttazione". Quanto alle bruciature, "sono tutte concentrate sulla spalla sinistra. Ma, francamente, i nostri medici non sono stati in grado di dirci quale possa esserne l'origine".

    Nassar aggiunge poi un particolare finora inedito relativo al giorno della scomparsa. "Alle 19.38 della sera del 25 gennaio Giulio Regeni era all'interno della stazione della metropolitana di El Behoos (quella vicino casa, ndr) perché, come abbiamo stabilito in questi ultimi giorni con un accertamento tecnico, a quell'ora la sua utenza cellulare si connette ad internet mentre è all'interno della metro". Questo per il procuratore significa che "sicuramente non è stato sequestrato nel tragitto da casa alla metro, e non è stato sequestrato neppure all'interno della metropolitana perché a quell'ora, con tutta quella gente, qualcuno lo avrebbe notato". Non ci sono però immagini a conferma. "Quelle immagini non le abbiamo perché a distanza di tempo si sono autocancellate, come del resto quelle dei negozi della zona".

    Il magistrato, infine, sostiene di aver chiesto alle autorità italiane di poter interrogare tale Francesco, "il migliore amico di Giulio" che avrebbe frettolosamente lasciato l'Egitto l'8 febbraio. "A nostro avviso può darci delle informazioni chiave per arrivare alla verità, pensiamo che la sua testimonianza sia per noi molto importante". "Siamo in attesa di una risposta", dice, anche se da parte sua non sembra ci sia molta voglia di collaborare con le autorità italiane presenti al Cairo": "l'inchiesta la conduco io. E la polizia egiziana. Con la magistratura italiana scambiamo informazioni".

Un amico: 'La polizia cercava Giulio da fine dicembre' - La polizia del Cairo conosceva Giulio Regeni, e lo cercò nella sua abitazione di Dokki senza trovarlo alla fine del dicembre scorso. La circostanza, ufficialmente smentita nei verbali di interrogatorio dei condomini del palazzo, è confermata da due diverse nuove fonti a Repubblica, che pubblica anche le dichiarazioni rese in una testimonianza agli investigatori italiani da un amico di Regeni. "L'11 dicembre eravamo insieme in una sala con un centinaio di persone. L'assemblea era stata convocata da una Ong che si occupa di diritti dei lavoratori per riunire il fronte dei sindacati indipendenti", ha raccontato l'amico di Regeni ai nostri investigatori. "Non si trattava di una riunione particolarmente a rischio. Anzi. La notizia era circolata anche sulla stampa nei giorni precedenti, ed erano presenti anche diversi giornalisti. Una cosa però ci inquietò. Giulio si accorse che durante la riunione era stato fotografato da una ragazza egiziana, con un telefonino. Pochi scatti. Strano. Ne parlammo a lungo. Una delle possibilità è che fossero presenti informatori delle forze di sicurezza". Due settimane dopo, secondo le fonti, la polizia cercò Regeni nella sua abitazione senza trovarlo, in un caso minacciando la perquisizione. Come spiega l'amico del ricercatore italiano, "il giorno della scomparsa di Giulio era il 25 gennaio, anniversario di piazza Tahrir, bastava uscire di casa per incappare in un controllo. Nelle settimane precedenti c'era stato un clima di tensione e paranoia fortissimo, non solo nei confronti degli attivisti. C'erano stati controlli a tappeto negli appartamenti abitati da stranieri. Nel clima di paranoia e xenofobia è possibile che alcuni corpi, reparti, gruppi, abbiano scambiato Giulio, il suo lavoro, chissà per cosa. A volte basta essere stranieri e parlare arabo per destare sospetti". L'amico, insieme ad altre persone vicine a Regeni, fu convocato la sera del 3 febbraio nella stazione di polizia di Dokki, all'insaputa dell'ambasciata. "Seppi quella sera della morte di Giulio. Me lo comunicarono nella sala d'attesa del commissariato", ha raccontato. "Mi avevano convocato 'per farmi alcune domande'. Mi interrogarono in sei, forse sette. Non c'erano magistrati. Cominciarono a chiedermi di Giulio, dei suoi studi, delle sue relazioni al di fuori della ragazza con cui stava, se facesse uso di sostanze stupefacenti".

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