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La Libia sprofonda nel caos, liquidato il Parlamento

Aviazione di Tobruk con Haftar. Resa dei conti laici-integralisti

Una palude melmosa invade sempre più il territorio libico e affonda il Paese nell'anarchia, nella guerra, nel depauperamento economico. Dopo la caduta di Muammar Gheddafi nel 2011, la Libia é diventata ingovernabile allargando inesorabilmente le fratture tra milizie, tribù, militari di formazione laica e guerriglieri islamici che sconfinano nell'integralismo o, nei casi più estremi, nelle organizzazioni qaediste come Ansar al-Sharia.

Da venerdì é stata guerra da Bengasi a Tripoli, con sanguinosi bombardamenti aerei e "pause strategiche" nella città dell'est da parte del generale Khalifa Haftar e con i carri armati dei guerriglieri di Zintan (di fatto i meglio armati e addestrati) a circondare il Parlamento e a sparare nell'aeroporto della capitale fino a "ritirarsi", dopo aver fatto due morti e 55 feriti.

A nome loro ha parlato nella notte il colonnelllo Mokhtar Fernana, che ha di fatto "ufficializzato" il collegamento con Haftar, annunciando "la sospensione del Cng" (il Congresso nazionale generale, ovvero il Parlamento). Il giorno prima la stessa cosa era stata detta dal generale, che si era visto accusare dalle inerti autorità di Tripoli di voler attuare un colpo di stato. A questo punto il filo diretto tra i combattenti laici é apparso più che evidente.

Oggi anche il governo libico ne ha preso atto. E dopo aver negato problemi fino al primo pomeriggio ("é tutto sotto controllo"), in serata ha disposto la sospensione del Parlamento e di qualunque sua attività fino a nuove elezioni, compresa quella di un nuovo premier. L'ultimo nominato, l'imprenditore miliardario Ahmed Miitig, improvvisamente entrato in politica lo scorso 4 maggio con l'appoggio dei fondamentalisti islamici, non é di fatto riuscito a portare alcuna soluzione alla crisi libica. Trasformando, anzi, in un baratro i contrasti tra islamisti e laici.

Non a caso poco dopo il comunicato governativo un altro comandante militare, Wanis Abu Khamada, capo delle forze speciali libiche, ha dichiarato che gli uomini della sua unità d'élite sono "pronti a combattere contro il terrorismo" e ad affiancare soldati e ufficiali già schierati con Haftar al quale hanno portato in dotazione aerei, elicotteri e pezzi d'artiglieria pesante. Due basi aeree, Tobruk e Benina (Bengasi), erano già passate nella notte con il generale.

Sul campo oggi la situazione é rimasta apparentemente tranquilla. La "guerra" si é trasferita sul terreno dei comunicati e, secondo alcuni osservatori, la tre giorni di violente offensive su Bengasi e su Tripoli potrebbero anche essere state un test per valutare la reazione della comunità internazionale e della popolazione. La gente é sostanzialmente trincerata in casa, le strade e i negozi della capitale sono deserte.

Dall'Italia si é alzata la voce del presidente del consiglio Matteo Renzi. "La Libia é una priorità assoluta - ha detto nel pomeriggio - Ma la vicenda si risolve solo per via internazionale, nessun Paese da solo può pensare di risolvere una situazione così drammatica". Ed ha auspicato il coinvolgimento dell'Onu e dell'Ue.

Da Bruxelles per ora non sono però venute iniziative concrete. "Profonda preoccupazione", certamente e appelli "a tutte le parti a fermare il bagno di sangue e a evitare ulteriori violenze". Oltre che "a lavorare insieme" per "una democrazia stabile". Intanto anche l'Arabia Saudita ha chiuso la sua ambasciata, mentre agli italiani é stato chiesto dalla sede diplomatica di valutare l'ipotesi di un rientro "temporaneo" in attesa di un chiarimento della situazione sul terreno

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