L’ultimo attentato è stato a fine dicembre 2017, in una chiesa alla periferia del Cairo. Ma dalla ‘primavera araba’ ad oggi sono decine i morti raccolti tra i banchi delle chiese. Al Cairo, nella sede del Patriarcato Copto Ortodosso, è nato anche un Museo dei Martiri, per non dimenticare. Un memoriale dove le facce sorridenti delle fotografie si mescolano agli abiti intrisi di sangue delle vittime. Ci sono le teche che conservano gli oggetti della vita quotidiana di queste persone uccise per la loro fede: libretti delle preghiere ma anche felpe alla moda, scarpe con i tacchi, cuori di glitter. C’è Demiena: sopra la foto nel giorno della laurea, sotto i jeans sporchi di sangue, così come li hanno trovati nella chiesa di San Pietro al Cairo dopo l’attentato del 16 dicembre 2016. C’è anche la foto di una bambina, Meggie, faccia impunita con lo sguardo vispo da dietro gli occhiali, nella teca una scarpa di ginnastica, l’unica cosa ritrovata di lei dopo l’esplosione.
In primo piano tra le foto i martiri copti uccisi in Libia dall’Isis. Le foto con loro in ginocchio con le tute arancioni fecero il giro del mondo. Ma nel museo ci sono anche quelle della loro vita quotidiana, ragazzoni sorridenti, che erano andati fuori Egitto solo per lavorare.
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