Ma la storia non è quella che emerge dai faldoni processuali, e anzi la tradizione del posto parla di un estremo tentativo della truppa di far desistere il comandante da un assalto folle sulla cima del monte Cellon, dove gli austriaci avevano già fatto 800 morti dopo inutili assalti che duravano dal mese di marzo. Una versione che è custodita dal pronipote di Silvio Ortis, Mario Flora, 70 anni, che dal 1988 combatte la 'sua' battaglia personale per ridare l'onore e dare giustizia ai quattro condannati, e a tutti i processati.
"Era una compagnia in gran parte formata da gente del posto - ha raccontato Flora - da soldati che conoscevano bene questi monti. Sapevano che il Cellon ha una parete liscia, da cui gli austriaci sparavano a vista, ed era inutile attaccare da lì. Gli alpini marciavano con gli 'scarpets' ai piedi, delle babbucce di panno di lana. Bisognava approfittare invece di un canalone laterale, che avrebbe permesso alla truppa di prendere il nemico alle spalle. Niente da fare. Quel capitano, Armando Cioffi, voleva eseguire la famigerata 'Circolare Cadorna', il generale che portò alla disfatta di Caporetto".
Quei soldati erano carnici, guardati con diffidenza, di una terra di confine, dove i fratelli combattevano con diversi eserciti. Il sospetto era di combutta con il nemico. Degli altri imputati, 29 furono condannati a pene da quattro a 15 anni, gli altri assolti. Inutile l'appello del parroco del paese, inutili le grida degli abitanti, molti loro congiunti. La sentenza venne letta alle 2.30 del primo luglio, l'esecuzione avvenne alle 4.30 da parte dei Regi Carabinieri. I soldati si erano rifiutati.
La tattica suggerita dai "rivoltosi" poi venne effettivamente utilizzata, e portò alla conquista della vetta con 120 prigionieri. Quel capitano, qualche tempo dopo, morì sotto un treno. Forse qualcuno eseguì una vendetta postuma.
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