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Serenella Ensoli, è emergenza per furti e traffico illegale di opere

La Cirenaica ha già subito, durante la Rivoluzione del 2011, “danneggiamenti e furti di opere di inestimabile valore, si pensi – spiega Serenella Ensoli – al furto del ‘Tesoro di Bengasi’. Già allora organizzammo in Italia un Convegno internazionale promosso dalla Seconda Università di Napoli e dall’Unesco (Complesso Monumentale del Belvedere di S. Leucio, 1-2 luglio 2011: “For the Preservation of Cultural Heritage in Libya. A Dialogue among Institutions) e poi, il 21 ottobre 2011, nella sede Unesco di Parigi, una ‘Giornata mondiale’ sui Beni Culturali della Libia, proprio il giorno dopo che Gheddafi fosse ucciso, per dare un allarme forte dei rischi ai quali erano esposti i siti archeologici e quanto lì custodito. Oggi il problema in Cirenaica non è semplice. L’emergenza è soprattutto legata al traffico di opere d’arte, anche di falsi purtroppo”.

“Dal 2014 tra l’altro nessuno di noi può rientrare in Libia – spiega la ricercatrice - . Il Dipartimento alle Antichità libico è impegnato nella salvaguardia del proprio patrimonio, al punto che i funzionari dormono nei musei per custodirli. A Cirene hanno addirittura ‘saldato’ le porte dei magazzini archeologici che non possono proteggere, e la situazione però potrebbe peggiorare”. Il timore “è che possano essere distrutte nuove tombe per recuperare corredi da portare fuori del Paese. Il tema dei furti è purtroppo molto attuale. Per consentire all’Interpol di rintracciare le opere di valore trafugate, ho personalmente effettuato ricerche approfondite nell’Archivio Storico-Diplomatico del Ministero degli Affari Esteri, reperendo ben cinque inventari del ‘Tesoro Archeologico della Libia’ e recuperando le immagini degli oggetti grazie alle indagini scientifiche effettuate negli archivi di Cirene”.

“Il rischio per i Beni Culturali della Libia è quindi certamente grande. C’è da sperare che questi terroristi non capiscano l’importanza delle opere e dei tesori. Io personalmente dirigo cinque cantieri finanziati dalla Direzione generale Sistema Paese (DGSP)" del Ministero degli Affari Esteri, dalla II Università di Napoli e, sino al 2010, dalla Global Heritage Fund (Palo Alto, California), ma abbiamo sospeso gli scavi, come da ‘Recommendation’ dell’Unesco, per dare invece avvio a Corsi di Training strutturati e survey [ sopralluoghi?] per ‘mappare’ le aree archeologiche a rischio (il Report che inviai nel 2013 all’Unesco in merito ai danneggiamenti, ai beni trafugati e all’occupazione di case abusive nella ‘buffer zone’ produsse una lettera incisiva di Irina Bokova a Zeidan, allora premier del governo libico)”.

“Già la Rivoluzione del 2011 era stata un grave danno per tutti i programmi in corso, basti pensare – spiega Ensoli - che eravamo riusciti ad ottenere (per la prima volta nella storia del governo Gheddafi) disponibilità di risorse economiche da imprenditori libici, accettate dal Dipartimento alle Antichità della Libia, fatto straordinario, per finanziare gli interventi nei siti archeologici, ma tutto venne bloccato solo pochi giorni dopo, il 17 febbraio 2011 con l’inizio della Rivoluzione”.
“Io spero che questi terroristi del presunto Stato Islamico non arrivino a pensare, a capire l’importanza del patrimonio culturale presente in Libia. Gheddafi si dice usasse i siti archeologici anche come nascondiglio, perché non venivano bombardati e in tal modo anche lui sarebbe stato protetto. La verità è solo nella storia”. Certo è che il primo volume sulle ricerche attorno al ’Tesoro Archeologico della Libia’, pubblicato dalla Ensoli in occasione del Centenario delle Missioni Archeologiche Italiane in Libia (1913-2013), resta una testimonianza molto importante di ‘restituzione virtuale’ di documenti di primario interesse per i Beni Culturali del Paese: una prima opera di ‘salvataggio’.

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