In coincidenza con gli eventi che hanno portato alla rivoluzione del 17 febbraio 2011, il deterioramento, la distruzione e i saccheggi nei siti archeologici, così come il traffico illecito di beni culturali sono stati evidenziati come principali minacce imminenti.
Dopo la caduta del regime di Muhammar Gheddafi e dopo che si sono ristabilite condizioni di sicurezza in Tripolitania e in Cirenaica, nel 2011 erano state in parte riattivate le iniziative di ricerca, attraverso le missioni archeologiche, affiancate da attività condotte da organismi internazionali tesi ad arginare i mercati clandestini. Le linee guida ed il piano d'azione di emergenza sono stati individuati attraverso riunioni di esperti internazionali, consultazioni con il Dipartimento delle Antichità della Libia, e missioni di esperti, realizzate tra il 2011 ed il 2013.
“La documentazione e la gestione dei beni culturali, la protezione dei siti e la conservazione di beni mobili sono state identificate dal Dipartimento delle Antichità come principali aree prioritarie per la formazione. Su questa base – spiega Chiara Dezzi Bardeschi, responsabile del progetto Unesco in Libia - l’Agenzia delle Nazioni unite ha sviluppato un programma di formazione con l'obiettivo di assicurare la manutenzione delle collezioni ed indirizzato al personale da vari musei e siti del paese, con l'istituzione di laboratori di conservazione e la definizione di liste di priorità per oggetti, monumenti ed edifici storici danneggiati.”
Su questa base, grazie al sostegno finanziario del Governo italiano attraverso il canale multilaterale, una componente del programma Unesco è stato indirizzata alla formazione di capacità nazionali mirate, inclusi i corpi specializzati per la protezione del patrimonio culturale. Secondo i principi fondativi dell’Unesco eguale attenzione è stata rivolta ad attività di sensibilizzazione della comunità civile sull’importanza alla protezione e la salvaguardia del patrimonio.
“Sono stati 150 ex-combattenti e giovani in cerca di lavoro nel settore della cultura coinvolti in progetti pilota hanno avuto lo scopo di fornire una conoscenza di base sulle tecniche per la conservazione dei beni mobili sollecitare l’attenzione sull’importanza su vari aspetti della tutela e valorizzazione (conservazione, presentazione, l'interpretazione, la strategia di comunicazione, etc.) di siti e musei. L’attività – sottolinea Dezzi Bardeschi - si è svolta in Libia, sui siti di Leptis Magna e Villa Silin, nel 2013. Il corso di formazione ha contribuito, inoltre, alla creazione di un laboratorio di restauro del Dipartimento”.
Nell’ambito dello stesso programma “70 partecipanti provenienti da diverse istituzioni pubbliche - dalla polizia di frontiera , alle dogane e al corpo specializzato della gendarmeria per il turismo e le antichità, come pure gli organi di polizia giudiziaria, la sezione Interpol nazionale e le associazioni della società civile, insieme ai rappresentanti del Congresso Generale Nazionale, del Ministero della Difesa, e ricercatori universitari e professori di archeologia -, hanno partecipato ad un seminario introduttivo sulla prevenzione e la lotta contro il traffico illecito di beni culturali, a Tripoli, presso il Museo della Libia. L’Interpol, l'Organizzazione mondiale delle dogane, Unidroit e Carabinieri italiani, insieme ai rappresentanti delle missioni archeologiche italiane in Libia, hanno avuto un ruolo fondamentale sia scientifico che di informazione. Fino all’inizio del 2014 i siti del patrimonio mondiale di Sabratha e Cirene sono stati teatro di formazione rivolta al personale selezionato da diversi corpi di diverse istituzioni pubbliche (come le amministrazioni doganali e di polizia) dalle regioni Tripolitania e del Fezzan. “Siamo arrivati a definire un piano d'azione con misure urgenti per rafforzare la protezione dei siti e una campagna educativa di sensibilizzazione deve attendere necessariamente attendere quelli che saranno i nuovi assetti della regione” , ricorda Dezzi Bardeschi.