Le imprese familiari italiane
mostrano fiducia nel prossimo futuro: il 52% punta a una
crescita tra il 6% e il 10% nel 2018, una percentuale superiore
rispetto al resto del mondo (34%). Il 30% delle pmi, in linea
con le altre aree, prevede invece una crescita al massimo fino
al 5%. E' quanto emerge dall'indagine 'EY Growth
Barometer-Italy', che si basa sulle interviste realizzate per il
report globale su 2.340 top manager di medie aziende in 30
Paesi.
Mutamenti demografici, globalizzazione e innovazione
tecnologica, insieme all'inserimento di talenti, sono i fattori
che nel prossimo anno incideranno sulle strategie di business
delle aziende di tutto il mondo. A livello italiano, la
principale leva di crescita per le pmi è il consolidamento
tramite merger and acquisition (21% intervistati contro il 12%
nel resto del mondo), seguita dall'accesso a nuovi mercati
geografici e dall'aumento della quota di mercato. I maggiori
fattori di rischio invece sono rappresentati dall'aumento della
concorrenza (25%), dalle barriere commerciali (16%) e
dall'instabilità geopolitica (14%). Tra le sfide per competere,
al primo posto c'è la trasformazione tecnologica, con l'11%
delle imprese che ha adottato soluzioni per l'automazione
robotica dei processi (Rpa), contro il 5% a livello globale, e
un ulteriore 15% prevede di adottare l'Rpa nei prossimi dieci
anni. Un'altra sfida per le pmi del Belpaese è considerata la
scarsità della domanda, più che nel resto del mondo. Sul fronte
occupazionale la maggior parte delle imprese ha intenzione di
assumere: circa un quarto si focalizza sul tempo pieno, ma i
vertici aziendali sono orientati alla gig economy (modello
basato sui lavori su richiesta, svolti in autonomia e a breve
termine) e il 19% cerca soprattutto collaboratori esterni o
indipendenti.
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