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Responsabilità editoriale di Advisor
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Chiunque, non solo gli esperti di finanza, ha sentito parlare almeno una volta di Bitcoin. I media generalisti stanno affrontando il tema spinti dalle forti oscillazioni della valuta - dopo esser salita velocemente (+2300% in un anno) fino ad un valore di 19.814 dollari a dicembre 2017 è crollata a poco più di 6.000 dollari in meno di due mesi - e dalla sua ingovernabilità che spaventa e al contempo affascina. Bitcoin non è però l'unico protagonista. A partire dalla sua nascita nel 2009, sono state inventate numerose criptovalute, così definite perché sono monete digitali rese sicure mediante l'utilizzo di tecniche crittografiche. Ad oggi se ne contano quasi 900 per un valore complessivo di circa 400 miliardi di dollari (dato al 12 febbraio 2018), di cui il Bitcoin rappresenta il 35% della totale capitalizzazione del mercato. Non è tanto la dimensione del fenomeno che ha attirato l’attenzione di media e governi, ma le sue caratteristiche fortemente innovative.
Il paper di Satoshi Nakamoto, inventore di Bitcoin la cui identità è tuttora segreta, pubblicato nel 2008 per spiegare le logiche di questa nuova moneta digitale è un’aperta dichiarazione di guerra alle valute tradizionali. A differenza di una valuta tradizionale, infatti, gli utenti, possono scambiarsi denaro senza ricorrere ad intermediari finanziari e le regole di scambio sono scritte in un software open source pubblicamente verificabile. Oltre a disintermediare i sistemi tradizionali, le criptovalute hanno alcune caratteristiche molto innovative, dei veri e propri "super poteri" che le rendono monete potenzialmente più evolute dei sistemi di pagamento tradizionali a cui siamo abituati. Programmabilità della moneta, possibilità di effettuare transazioni attingendo da più fonti di liquidità e inviare il pagamento a diversi destinatari, tracciabilità e verifica di tutte le transazioni da parte di tutti i partecipanti della rete sono solo alcune delle innovazioni introdotte dalle criptovalute.
Tuttavia, le criptovalute hanno mostrato alcuni punti di debolezza che non le rendono ancora in grado di sostituire le monete tradizionali: elevata volatilità (è troppo rischioso usarle come mezzo di pagamento per l’economia reale); difficoltà di acquisizione (per acquistare criptovalute è necessario interfacciarsi direttamente con exchange online, processo complesso per l’utente medio); non normate (le criptovalute non sono riconosciute in modo omogeneo dalle varie giurisdizioni); limitata politica monetaria. I governi e le banche centrali più all’avanguardia, dopo l’iniziale diffidenza legata alla disintermediazione che questi sistemi portano, hanno iniziato a studiare le criptovalute con l’obiettivo di carpirne i segreti e per rendere più efficienti le proprie monete e i propri sistemi di pagamento.
Più di 30 banche centrali al mondo hanno avviato sperimentazioni o ricerche per applicare i "super poteri" delle criptovalute alle valute tradizionali, evitando così di abdicare al loro ruolo di controllori dei sistemi monetari e cercando di creare così delle "criptovalute vigilate" (ossimoro che di certo non piace ai "purist"” delle criptovalute). Tra i principali progetti spiccano quelli portati avanti dalla Bank of Canada e dalla Monetary Authority of Singapore che hanno già concluso alcuni test preliminari nell’ambito dei trasferimenti interbancari. Altri progetti più rivolti agli utenti consumer sono stati sviluppati da paesi come le Barbados, Emirati Arabi, Svezia ed Estonia. Banche centrali di altri stati, come ad esempio Russia e USA, sono invece ancora in una fase preliminare di valutazione dell’opportunità di intraprendere progetti in questa direzione.
E la Banca Centrale Europea? Ci auguriamo che anche l’Europa a breve possa essere annoverata tra i soggetti che hanno studiato il fenomeno e, senza necessariamente dover sviluppare una nuova criptovaluta, si attrezzi per perseguire una strategia consapevole. Chissà se il "Cryptoeuro" potrà mai vedere la luce, per ora rimane solo il bel titolo di un progetto di ricerca promosso da Reply e portato avanti in collaborazione con l'Osservatorio Blockchain & Distributed Ledger del Politecnico di Milano e con la partecipazione dell'Associazione Italiana Prestatori Servizi di Pagamento (APSP) che ha l’obiettivo di indagare se un sistema di criptovaluta vigilata possa portare benefici per rendere più efficienti i processi di pagamento in alcune industry (ad esempio, energy, insurance, banking) che ora sono inefficienti per la mancanza di sistemi di pagamento "programmabili" (i risultati saranno presentati il 17 aprile a Milano).
L'autrice di questo articolo è Valeria Portale (nella foto), direttore dell’Osservatorio Blockchain & Distributed Ledger del Politecnico di Milano.
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