A partire dal 2008, parallelamente
alla crisi economica, si è fatta largo l'idea che il lavoro sia
un "bene scarso", ovvero che l'arrivo di nuovi lavoratori tolga
opportunità a quelli già presenti sul mercato. In particolare,
gli immigrati vengono percepiti come una minaccia, essendo il
numero di occupati stranieri (2,5 milioni) simile a quello dei
disoccupati italiani (2,4 milioni). In realtà, i due gruppi
hanno caratteristiche molto diverse e non sarebbero affatto
sostituibili. Su questi temi si concentra lo studio della
Fondazione Leone Moressa, fatto assieme con Money Gram, che
verrà presentato l'11 novembre 2019 allo Spazio Europa a Roma e
che evidenzia come la ricchezza prodotta dai lavoratori
stranieri sia pari a 139 miliardi, ovvero il 9% della ricchezza
nazionale.
Secondo l'Istat 2018, i lavoratori stranieri sono 2.455.000,
pari al 10,6% degli occupati totali. L'incidenza dei lavoratori
stranieri è cresciuta sensibilmente dal 2009 al 2014 (da 7,9% a
10,3%), per poi stabilizzarsi negli ultimi 5 anni. Nell'ultimo
anno sono cresciuti sia gli occupati stranieri (+1,3%) che
quelli italiani (+0,8%), mentre il tasso di occupazione è
cresciuto dello 0,6% in entrambi i casi.
Nonostante l'impatto mediatico degli sbarchi, negli ultimi 10
anni l'immigrazione in Italia è calata: se nel 2010 i nuovi
Permessi di Soggiorno sfioravano quota 600mila, nel 2018 si sono
più che dimezzati. In particolare, si sono ridotti drasticamente
i Permessi per Lavoro, da 360 mila del 2010 a meno di 14 mila
del 2018 (-96%). Negli ultimi anni sono cresciuti gli "altri
motivi", principalmente quelli umanitari, senza comunque mai
superare di molto quota 100 mila. I permessi rilasciati per
ricongiungimento familiare sono rimasti sostanzialmente
costanti, ma a partire dal 2011 sono diventati la prima voce.
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