Una donna su 3 ha difficoltà a
tenere ben separato il tempo da dedicare alla famiglia da quello
del lavoro e il 65% della lavoratrici con il'remote working',
sta riscontrando una maggiore intromissione dell'attività
lavorativa nella vita privata. Sono alcuni dei dati che
emergono dall'Osservatorio EY-SWG "New Shapes of Working" che
fotografa la situazione del lavoro nell'anno della pandemia. In
generale, spiega l'indagine, l'impatto mostrato da questi dati
su benessere ed intrusione lavora vita privata, porta le donne a
prediligere un "ritorno al lavoro" in presenza piuttosto che da
casa con il 34% delle donne che scelgono in tal senso rispetto
al 28% di uomini.
L'indagine però sottolinea anche come, nonostante tali dati, si
rischia di perdere molto valore, poiché le donne riportano
sempre un dato percentuale più alto in merito alla propria
prestazione lavorando da remoto rispetto agli uomini, e mette
quindi in evidenza la necessità di definire regole e best
practice a supporto del lavoro da casa.
""L'effetto della pandemia sulla partecipazione al mercato del
lavoro ha riguardato in misura maggiore le categorie di
lavoratori più fragili, tra cui le donne", spiega Donato Ferri,
Mediterranean Consulting and People Advisory Services Leader di
EY. "Dobbiamo quindi chiederci, come assicurare una migliore
integrazione tra vita privata e lavoro nel futuro prossimo". Le
risposte, indica Ferri, "attraverso una maggiore flessibilità di
orario (per il 65% delle donne), maggiore tecnologia (38%), e
sostegno economico-organizzativo per l'accesso a servizi di
babysitting, colf, assistenza anziani: fondamentale per il 33%
delle donne".
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