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Coronavirus: la pubblicità è troppo leggera? No, va bene così

Coronavirus: la pubblicità è troppo leggera? No, va bene così

Ma ci sono anche gli 'infastiditi', secondo una ricerca Conic e Hokuto

27 marzo 2020, 19:45

Redazione ANSA

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Una pubblicità vintage di Coca Cola - RIPRODUZIONE RISERVATA

Una pubblicità vintage di Coca Cola - RIPRODUZIONE RISERVATA
Una pubblicità vintage di Coca Cola - RIPRODUZIONE RISERVATA

Come è cambiata l'attenzione dei telespettatori nei confronti degli spot pubblicitari ai tempi del coronavirus? Una risposta la offre una ricerca realizzata da Conic e Hokuto, ed è, in parte, una risposta sorprendente. La maggioranza degli italiani, nemmeno adesso, chiede alla pubblicità di tradire la propria natura, il proprio tono di voce. Anche se, naturalmente, alcuni adattamenti (più di contenuto che di forma) sono richiesti.

"La pubblicità - è la premessa della ricerca - racconta un mondo di allegria e spensieratezza: una sorta di realtà parallela che non risente del contesto e continua per la sua strada, come se niente fosse. Ma adesso che la tragedia è di tutti, senza limiti di spazio e di tempo, qualcosa è cambiato? Come reagiscono le persone alla realtà metafisica raccontata dagli spot, mentre c’è una realtà fisica invadente, che non sembra lasciare spazio ad altri argomenti, ad altri pensieri?  Come vivono il cambiamento che molte aziende stanno applicando alla propria offerta? E infine: fanno bene le aziende a trasformare radicalmente il proprio storytelling, o addirittura a cancellare i propri spot, in attesa di tempi migliori?"

"Lo sguardo leggero della pubblicità  - spiega l’ad di Conic, Alberto De Martini - e il suo eterno sorriso non sembrano rappresentare una provocazione, o una mancanza di sensibilità. Semmai un momento di svago accettabile e perfino gradito". Solo una componente del campione indagato segnala qualche disagio, a volte generico, a volte derivante da specifiche modalità di rappresentazione della realtà, troppo distoniche rispetto al nostro attuale e inedito stile di vita.  "Si tratta degli 'infastiditi' - sottolinea Simone De Battisti, fondatore di Hokuto - ovvero uno dei tre gruppi che abbiamo individuato. Esistono, hanno un profilo preciso e ci dicono chiaramente che cosa si aspettano dalle aziende e dai loro brand”.

In sostanza, la ricerca Conic/Hokuto conferma che, anche in quarantena, il mondo della tv appare agli italiani come un’ipersfera in cui la dimensione ludico-gioiosa dello spot, con qualche doverosa attenzione in più, può convivere con quella dei bollettini di guerra che arrivano ogni giorno dal fronte del Corona Virus.

Webinar di presentazione della ricerca: giovedì 2 aprile, h.17.30. Per partecipare: info@conic.agency 

Riproduzione riservata © Copyright ANSA

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