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Padoan non teme post-Qe, ma sale divario crescita Ue

Padoan non teme post-Qe, ma sale divario crescita Ue

Bce sotto pressione, Ifo record e Pmi segnalano ripresa robusta

ROMA, 24 maggio 2017, 18:02

Domenico Conti

ANSACheck

Mario Draghi attends the Conference of Financial Stability in Madrid © ANSA/EPA

Mario Draghi attends the Conference of Financial Stability in Madrid © ANSA/EPA
Mario Draghi attends the Conference of Financial Stability in Madrid © ANSA/EPA

Il mondo dopo il quantitative easing della Bce, lo stimolo monetario record che ha abbattuto anche gli interessi italiani sul debito, "non lo vedrei così brutto", e anzi è "in qualche misura più facile".

Il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan allontana i timori di ritorno all'instabilità finanziaria che teneva in ostaggio l'Italia prima che Mario Draghi lanciasse, nel 2015, acquisti di debito arrivati a 2.300 miliardi di euro portando i tassi fino a -0,40%. Ma il boom della ripresa nell'Eurozona, confermato dai dati di oggi, assieme al voto tedesco metterà ulteriore pressione per una normalizzazione delle politiche dell'Eurotower, nonostante alcuni Paesi fra cui l'Italia siano ancora fragili.

La Bce deciderà a fine anno il futuro del Qe, che fino a dicembre procede a 60 miliardi al mese. I mercati puntano su un ritiro graduale. Anche per Padoan, l'esaurimento dello stimolo monetario "non sarà domani, ci vorrà un po' di tempo". E quando accadrà, niente drammi: "vivremo con tassi più alti, sarà più alta l'inflazione, saranno più alti i ricavi delle banche". Lo spread sceso a 170 punti base al momento dà ragione a Padoan, che promette di proseguire gli sforzi delle riforme e saluta la "buona notizia" dell'Ue che inizia a tener conto della sua posizione di bilancio complessiva. Ma è probabile che, con la Bce che si farà da parte, continuerà a risalire la spesa per interessi italiana abbattuta dal Qe. Mettendo ulteriore pressione su un bilancio pubblico che già gode di parecchia flessibilità.

Lorenzo Codogno, ex alto dirigente del Tesoro e ora a capo di LC Macro, nota che "la finanza pubblica rimane un grande problema: in base alle regole Ue mi aspetto una manovra in autunno da 16 miliardi". Una cifra piuttosto difficile da digerire in un'Italia in campagna elettorale. "Data la crescita non brillantissima, la finanza pubblica delicata e la situazione politica molto fragile e rischiosa, è chiaro che la situazione per l'Italia è molto difficile", ragiona Codogno. "Se la Bce inizierà ad acquistare meno o ad aumentare i tassi, sarà un momento di discontinuità potenzialmente pericoloso".

Draghi intende muoversi con grande cautela, alzando i tassi solo una volta esaurito il Qe, ma tale orientamento è ora messo in discussione anche da consiglieri cauti come Benoit Coeuré. I riflettori di molti investitori sono accesi: Standard & Poor's, che ha un rating sull'Italia un gradino sopra il livello junk, avverte che "l'Italia è particolarmente sensibile a uno shock dei tassi d'interesse".

A complicare il quadro c'è la ripresa dell'Eurozona che nell'intero 2016 e nel primo trimestre 2017 (+0,5%) ha sorpassato gli Usa: l'indice Ifo tedesco è al record, la stima di un +0,4% di Pil dell'Eurozona nel secondo trimestre, dopo gli indici Pmi pubblicati oggi, "potrebbe essere pessimistica" secondo Chris Williamson, capo economista di Ihs Markit che parla di crescita "sorprendentemente forte". Numeri che sarebbero coerenti con una Bce più restrittiva, se non fosse per l'inflazione tenuta bassa dal petrolio debole e per Paesi che sono un po' indietro: l'Italia ha segnato +0,2% nel primo trimestre.

E poi c'è la politica. In pochi giorni, la Merkel ha criticato la Bce per l'euro troppo debole; è filtrata da Berlino l'ipotesi di candidare il presidente 'falco' della Bundesbank Jens Weidmann alla successione a Draghi nel 2019; e lo stesso Weidmann chiede alla Bce di mostrare "schiena dritta" quando sarà ora di dare una stretta monetaria: insomma non ascoltare le sirene della politica e ignorare le esigenze elettorali di questo o quel Paese. La Bce è rientrata nell'arena elettorale tedesca, con la Cdu di Angela Merkel pronta a utilizzarla per dipingere i socialdemocratici come troppo morbidi verso la sponda mediterranea. Draghi, a giugno, potrebbe dover cedere un po' di terreno e segnalare una Banca centrale europea più neutrale e meno espansiva. Per la svolta ci vorrà un'inflazione stabilmente intorno al 2%. Eppure la pressione si comincia a sentire.
   

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