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Unicredit, aumento a metà guado

Ancora una settimana

L'amministratore delegato Jean Pierre Mustier ha guidato Unicredit attraverso un 'cerchio di fuoco', un'operazione monstre da 13 miliardi e il mercato lo ha seguito. La fotografia è sfocata, c'è ancora  tempo fino al 23 febbraio per esercitare i diritti, ma si vede già il peso dei fondi destinato a crescere e la composizione degli investitori istituzionali variare. Cambiando la mappa dell'azionariato a catena si condiziona la governance dell'istituto, a partire alla composizione del cda ma allo studio ci sarebbe anche una revisione dello statuto (si parla di abolire il limite del 5% all'esercizio dei voti). Sul fronte aziendale inoltre Mustier, che ha già rivoluzionato la prima linea della banca, dovrebbe proseguire nella riorganizzazione. Nessuno dubita che l'operazione vada a buon fine ma resta alta l'attesa, ritenuta una tappa obbligata per Unicredit prima di fare una qualsiasi altra mossa nel risiko bancario e assicurativo. C'è chi vede l'istituto guardare a Societe Generale e chi invece scommette sulla solida  permanenza al fianco di Mediobanca, a mantenere lo status quo in Generali, comunque una partita che Mustier non può non quardare. Ma sulla quale il manager francese non si affanna, restando  concentrato sull'aumento da portare a termine (comunque entro il 10 marzo con l'eventuale acquisto dell'inoptato da parte del consorzio di garanzia).

Non c'è un libro ordini in cui 'sbirciare' ma, secondo fonti di mercato, il retail che ora detiene il 28,4% del capitale dovrebbe scendere e la geografia degli investitori istituzionali (che oggi rappresentano il 42,6%) potrebbe cambiare. Allianz che detiene una quota attorno all'1% del capitale ha dichiarato sosterrà l'aumento ma senza precisare per quanto. Tra i privati Del Vecchio dovrebbe riconfermare il suo 1,7% mentre Caltagirone non si è espresso. Le  Fondazioni, un tempo azioniste di riferimento, hanno già ridotto il loro peso, copriranno solo un 4,5% dell'aumento. Crt e Cariverona investiranno entrambe 220 milioni, questo garantirà loro post aumento una partecipazione di circa l'1,8 per cento. Poi ci sono Cassamarca con lo 0,1%, Carimonte, scesa già sotto l'1%, e Fondazione Cassa di risparmio di Modena che detiene uno 0,27 per cento.

Gli Enti ormai, lo ha esplicitato il presidente di Cariverona Alessandro Mazzucco, si comportano come investitori istituzionali, guardando ai dividendi. "Il nuovo investimento in UniCredit e' stato deciso nell'aspettativa di una progressiva rivalutazione del titolo sul mercato e del ritorno di una remunerazione adeguata" aveva spiegato Mazzucco in occasione dell'assemblea di Unicredit, chiedendo nel contempo una discontinuità nel cda. Il mandato degli attuali consiglieri scade nel 2018 ma i soci potrebbero andare in pressing se dopo l'aumento dovessero cambiare i pesi nell'azionariato. In questo
senso, e' gia' nei programmi che il board sia limato a 15 componenti (ora sono 17) con un solo vicepresidente (ora tre di cui uno vicario).

Ogni ragionamento è prematuro ma c'è chi fa notare che abbia poco senso la rappresentanza nel board di  Palenzona e Calandra, ma anche di Montezemolo e in passato si era ventilato un cambio della presidenza, attualmente di Giuseppe Vita. L'attesa e' sulle mosse dei fondi già presenti con quote consistenti (Capital Research, Aabar e Blackrock sono già i primi azionisti rispettivamente con il 6,7%, il 5,04% e il 4,82%), poi ci sono i libici (la banca centrale libica con il 2,8%, la Lybian Investment con circa l'1,2%) e non è escluso che, dopo il lungo roadshow di Mustier tra New York, Milano, Zurigo e Bruxelles, spunti qualche nuovo socio. Nell'ultimo giorno utile per scambiarli in Borsa è stato 'boom' per i diritti di opzione (+8,8% a 12,35 euro) con l'8% passato di mano, che consentono di acquistare azioni per controvalore complessivo superiore al miliardo di euro.

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