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D'Agata (Camera bilaterale), l'Iran a Roma mentre l'export cresce

Forte presenza italiani in Fiera. Già possibili i progetti medio piccoli

di Luciana Borsatti ROMA

ROMA - Un aumento del 17,4% dell'export italiano verso l'Iran nei primi sei mesi del 2016, dopo l'attuazione, il 16 gennaio, dell'accordo sul nucleare. Si inserisce in questo trend positivo - ripartito in realtà già dal 2014 - l'Iran Country Presentation al via alla Fiera di Roma il 22 novembre, per proseguire fino al 26 con incontri tra imprese, eventi culturali e l'apertura al pubblico da venerdì pomeriggio.

    A parlarne con l'ANSA è Pier Luigi d'Agata, segretario generale della Camera di commercio e industria italo-iraniana, partner dell'evento organizzato dalla Fiera di Roma e dalla Fiera internazionale dell'Iran. Sono oltre 120 le imprese iraniane presenti, pubbliche e private e dei principali settori produttivi, e da parte italiana vi è "una massiccia partecipazione - dice D'Agata - con 180 aziende che hanno chiesto incontri 'B2B' con diversi partner", tanto che i meeting, aggiunge, saranno migliaia. Si tratta anche di aziende che ancora non hanno partner in Iran, e sono state introdotte all'evento ed al mercato iraniano con un recente 'road show' passato per Vicenza, Milano, Torino, Roma e Bologna.
    Gli obiettivi non saranno solo di natura commerciale, ma riguarderanno anche le joint-ventures produttive. "Se ne stanno studiando diverse, sia di medie che di grandi imprese", informa d'Agata, secondo il quale la presente transizione lascia per ora più spazio di manovra per i progetti di minori dimensioni. "Per i grandi progetti infrastrutturali, di durata pluriennale, c'è il tema della garanzia sovrana", spiega, quella emessa cioè dal governo o dalla Banca Centrale dell'Iran. Vi è cioè un "problema di 'wording' del testo", legato alla possibilità di revoca delle sospensione delle sanzioni in caso di violazione dell'accordo. "C'è una discussione in corso: per gli iraniani saremmo noi a decidere la revoca e loro a subirla. Ma al tempo stesso hanno anche interesse a far partire i progetti".
    Per quelli minori invece i canali finanziari sono già aperti da banche piccole e medie, come alcune Popolari ed Mps. E non si temono intralci con Donald Trump alla Casa Bianca? "Penso che politicamente il quadro di fondo non cambi - risponde d'Agata -. L'Iran è essenziale per la stabilizzazione del Medio Oriente e qualsiasi presidente Usa ne deve tener conto. Può variare però la velocità di transizione e questo può dipendere da un'amministrazione o un'altra". "Le sanzioni interne agli Usa - prosegue - restano in vigore, vincolando i cittadini americani e le banche e società con sede negli Stati Uniti, mentre le loro consociate estere possono esportate prodotti che abbiano fino ad un massimo del 10% di contenuto Usa".
    Possiamo però attenderci che dagli Usa continuino le pressioni anche sulle grandi banche e imprese straniere? "A suo tempo avevano ricevuto l'indicazione che chi avesse scelto di lavorare con Iran non lo avrebbe potuto fare con gli Usa", ricorda, e ora guardano cosa potrà accadere". Certo, aggiunge, "le banche americane non saranno contente" che altri traggano vantaggio dall'Iran, "e faranno lobby perché la riapertura giunga il più tardi possibile, specie sui grandi progetti". Ma intanto l'Italia va avanti, e così la Camera di commercio e industria italo-iraniana. Che nacque nel settembre 1998 con la riapertura del Paese all'Occidente del presidente Mohammad Khatami e con la prima missione italiana dell'ottobre successivo, guidata dal ministro Augusto Fantozzi e dal presidente di Confindustria Giorgio Fossa. E la Camera bilaterale "ha tenuto aperti i rapporti - conclude - anche nei periodi più difficili". 
   

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