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Economia

Mario Draghi

I 5 anni a Francoforte, da taglio tassi al bazooka

Cravatta blu, capelli brizzolati, atteggiamento sicuro e per nulla intimorito. Si presentava così cinque anni fa Mario Draghi nella sua prima conferenza stampa da presidente della Banca centrale europea. Era il 3 novembre e l'ex Governatore della Banca d'Italia aveva assunto l'incarico da appena tre giorni. Un debutto che Draghi ha affrontato non solo padroneggiando alla perfezione il suo ruolo, ma anzi sorprendendo i mercati con l'inatteso taglio dei tassi d'interesse e l'apertura a nuove riduzioni di fronte al rischio di "moderata recessione".
   

In questi cinque anni il presidente dell'Eurotower si è trovato a fare i conti con il rallentamento della crescita mondiale, l'eterno dibattito sull'austerity, la necessità di assicurare la stabilità dei prezzi. Uno scenario che Draghi ha affrontato con un solo mantra: "la Bce - sono le parole pronunciate da Draghi nel famoso discorso di Londra del 26 luglio 2012 - è pronta a fare tutto quello che serve per preservare l'euro". Un impegno che gli valso l'incoronazione a uomo dell'anno 2012 da parte del Financial Times, che l'ha definito "l'italiano determinato a salvare l'euro". E che Draghi, che sulla stampa si è guadagnato l'appellativo di 'Supermario', ha portato avanti ricorrendo a tutte le armi possibili: dal ripetuto taglio dei tassi allo scudo anti-spread, dal Tltro fino ad impugnare il bazooka del quantitative easing.
   

Un'azione, però, da sempre accompagnata anche dal monito ai Paesi a fare di più: a fare riforme per la crescita, ricordando che il mandato della Bce non è di risolvere i problemi finanziari degli Stati. Fin dal suo debutto a Francoforte, Draghi ha portato avanti una politica monetaria molto espansiva. Dalla sua prima decisione (l'inaspettato taglio di un quarto di punto all'1,25% deciso nel suo primo consiglio direttivo in veste di presidente), si sono susseguiti una valanga di tagli, che hanno portato i tassi a scendere all'1% a fine 2011, allo 0,75% nel 2012, allo 0,25% nel 2013, allo 0,05% nel 2014, fino al minimo storico dello 0,0% nel 2016, mentre i tassi sui depositi sono negativi dal 2015. Tassi che, ha assicurato il Governatore, resteranno a questo livello o anche più basso a lungo. Draghi ha anche avviato, fin dai primi mesi del suo mandato, un piano per rafforzare le banche, con misure "straordinarie" come i prestiti a tre anni. Di fronte all'emergenza di arginare lo spread, poi, nell'estate calda del 2012 Draghi ha azionato lo scudo degli acquisti di titoli di Stato, mentre di fronte alla bassa inflazione che ha caratterizzato il 2014, dal cappello del 'super-governatore' è uscito un pacchetto di misure espansive, tra cui il programma di acquisto di cartolarizzazioni (Abs) e nuovi finanziamenti a lungo termine alle banche. E' stata poi la volta del Quantitative easing (Qe), l'acquisto massiccio di titoli, debito pubblico incluso: Draghi decide di usarlo nel gennaio 2015, mettendo in campo 60 miliardi di euro di acquisti di titoli al mese da parte della Bce. Uno strumento che, dopo il blando intervento del dicembre 2015 (con un'estensione temporale), viene ulteriormente rafforzato nel marzo di quest'anno, quando si arriva a parlare di vero e proprio 'Qe3': si passa a 80 miliardi di titoli comprati al mese e si aggiungono anche i corporate bond. E sul Qe Draghi tiene la barra dritta ancora oggi: gli acquisti - ha assicurato il Governatore nell'ultima riunione del board - proseguiranno come da programma e potrebbero andare oltre la scadenza prefissata di marzo 2017. La decisione della Bce arriverà a dicembre.
   

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