Passo indietro di Federico Ghizzoni che da' il via all'avvicendamento ai vertici in Unicredit. Ghizzoni manterrà le deleghe fino alla nomina di un nuovo ceo. Il cda di Unicredit e l'ad Federico Ghizzoni - si legge in una nota dopo il cda straordinario - hanno constatato che sono maturate le condizioni per un avvicendamento al vertice del gruppo. Ghizzoni ha quindi dato la propria disponibilità a definire, insieme al presidente, un'ipotesi di accordo per la risoluzione del rapporto impegnandosi a mantenere le proprie funzioni fino alla nomina del suo successore supportandolo adeguatamente nell'opportuna fase di transizione.
Tra i candidati alla successione di Federico Ghizzoni per la guida di Unicredit spunta il nome di Gaetano Miccichè, attualmente alla presidenza di Banca Imi. E' quanto risulta all'ANSA. Nei giorni scorsi erano circolati tra gli altri anche i nomi di Marco Morelli, Flavio Valeri, Jean Pierre Mustier e Andrea Orcel.
Le sfide del nuovo ad
Capitale e più utile. Il successore di Ghizzoni dovrà partire da questo per mettere le mani su un ingranaggio complesso come quello di Unicredit. E non sarà semplice anche perché la via su cui muoversi, soprattutto se non si conosce già la macchina (se come sembra sarà un esterno a prendere le redini), si presenta ancora più stretta. Il mercato e in particolare i soci non sono disposti ad aspettare e lo dimostra, in tutta la sua chiarezza, l'uscita anzitempo del successore di Alessandro Profumo. Per cui già la partenza si presenta difficile. Il punto è elaborare un nuovo piano in tempi brevi, forse già in estate.
Due le direttrici da seguire: rinunciare ad alcune attività , anche all'estero (peraltro profittevoli) e una razionalizzazione incisiva in Italia (non solo sul personale). Il tutto per bilanciare un'operazione di rafforzamento patrimoniale che sembra essere inevitabile. Gli analisti di JpMorgan (che confermano l'underweight) calcolano un fabbisogno di nuovo capitale fino a 9 miliardi, che potrebbe essere soddisfatto con un aumento di per 5 miliardi, la cessione del 45% di Fineco e del 20% di Bank Pekao, di cui il gruppo controlla circa il 50 per cento. 'Gioiellini' che, insieme alla turca Yapi kredi, incidono sull'utile del gruppo per almeno il 40%. Percentuale non di poco conto. Secondo il report il fabbisogno minimo sarebbe di 5,4 miliardi per portare il Cet1 al 12,5% (ora al 10,8% il fully loaded e il transitional pro-forma al 10,50%), a fronte del 13% di Intesa Sanpaolo e di circa il 12% di altri concorrenti italiani. La strada tracciata dagli analisti è forse l'unica percorribile anche perché, visti i tempi, non si può ricorrere per intero al mercato.
Come c'è da dire che una ricapitalizzazione tout-court sarebbe fortemente diluitiva per gli attuali azionisti, con le fondazioni che non sono più 'liquide' come una volta. Quel che è certo è che il futuro a.d , come evidenzia Intermonte (outperform con target price a 2,91 euro) ha un elevato potenziale di ristrutturazione. Per questo tra le cessioni si torna a parlare della tedesca Hvb. Un salto all'indietro per una Unicredit che sarebbe meno internazionale e soprattutto meno 'sistemica' cosi. Detto questo resta sempre il nodo Pioneer e l'integrazione in fieri con l'asset management di Santander. Sul deal si continua a lavorare anche se con l'arrivo di un nuovo ad in Unicredit l'operazione potrebbe subire un naturale rallentamento. Alla chiusura, comunque, si ricaverebbe un vantaggio di 25 punti base in termini di capitale.
Â