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G20: crescita preoccupa, pronti a più spesa per rilancio

Impegno banche centrali e riforme; focus Brexit, Cina, rifugiati

ROMA, 27 FEB - Nel G20 di Shanghai, città-modello di una Cina che tirava l'economia mondiale e ora tira il freno, ministri e governatori delle grandi economie hanno dovuto evocare l'ultimo baluardo della crescita, la spesa pubblica, come deterrente per i rischi che spuntano un po' ovunque. "La ripresa globale continua" anche se è al di sotto di quanto vorremmo, recita il comunicato finale al termine di due giorni di incontri. "La crescita continua", afferma il ministro delle Finanze italiano Pier Carlo Padoan. "C'è stata una revisione del pessimismo che c'era all'inizio", gli fa eco il governatore di Bankitalia Ignazio Visco. Ma abbondano i rischi: al crollo del petrolio, alla fuga di capitali proprio dalla Cina, alle tensioni geopolitiche si aggiungono ora la crisi dei rifugiati nel Mediterraneo, e l'eventuale 'Brexit' che sarebbe uno "shock" - dice così il G20 - per l'economia globale. E dunque, accanto alle dichiarazioni rassicuranti, è lo stesso comunicato finale dei Venti a riconoscere che "ci sono preoccupazioni crescenti per il rischio di un'ulteriore revisione al ribasso delle prospettive economiche globali". Ed è Christine Lagarde, il direttore generale del Fondo monetario internazionale, a riconoscere che questo G20 è arrivato "in un momento in cui l'incertezza e le aumentate pressioni al ribasso potrebbero mettere a rischio la ripresa economica globale".

Normale: Usa, Europa e Cina vengono del resto da una ciclo di espansione economica durato anni. Ma è una situazione che preoccupa perché il debito mondiale, innesco della grande 'crisi del debito' del 2009, è nel frattempo lievitato a nuovi record. E perché la crescita è avvenuta anche al costo di politiche espansive delle banche centrali senza precedenti, che potrebbero lasciare i rispettivi governatori con poche cartucce. "Useremo tutti gli strumenti, monetario, di bilancio e strutturale (riforme) - individualmente e collettivamente - per raggiungere l'obiettivo" di rafforzare la ripresa, promette il G20 nel comunicato finale. Con tassi d'interesse ormai negativi in Paesi che rappresentano ormai quasi la metà del Pil del G20, è chiaro che le banche centrali stanno facendo molto.

La Bce di Mario Draghi (che a Shanghai non ha concesso uscite pubbliche) promette di dimostrare il 10 marzo che farà ancora; la Fed sta già facendo dietrofront sui rialzi dei tassi messi in calendario per quest'anno; la banca centrale cinese promette (pressata dagli Usa) di agire ma senza fare svalutazioni competitive; il Giappone è non solo in iper-espansione monetaria ma sta anche facendo svalutazioni competitive (a dispetto dell'impegno del G20 a non farle oggi ribadito) così plateali da far dire al presidente dell'Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem che c'è "qualche preoccupazione". Se è difficile evitare fughe in avanti delle banche centrali, non è facile neanche coordinare i governi: il Fmi e l'Ocse non hanno nascosto delusione per il rallentamento sul piano delle riforme strutturali. E poi c'è l'impegno a una "politica di bilancio flessibile" per una spesa pubblica favorevole alla crescita incentrata sugli investimenti. Laddove ci sono margini di bilancio, l'intesa è usarli per la crescita, spiega Padoan. Salvo poi procedere in ordine sparso, con Londra che annuncia tagli, Tokyo che aumenta l'iva, e Berlino che frena sia sull'interventismo della Bce che sulla disponibilità a finanziare la ripresa (non c'è una vera e propria crisi, dice il ministro delle Finanze Schaeuble) allentando il risanamento dei conti pubblici.

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