Lo sciopero nazionale
della chimica a Gela, dopo la chiusura della raffineria
dell'Eni, ha un significato particolare per una città che si
mobilita in difesa di 50 anni di industrializzazione. Sono a
rischio centinaia di posti di lavoro nell'indotto del
petrolchimico, che si avvia alla totale scomparsa nell'assenza
di una firma di un accordo di programma per l'area. Continua la
protesta, esplosa ieri, con i blocchi delle vie di accesso alla
città ad opera di disoccupati, lavoratori delle cooperative e
delle imprese appaltatrici. Oggi per la prima volta nella storia
di Gela si fermeranno anche i pozzi petroliferi. I sindacati
hanno scritto una lettera aperta al premier, Matteo Renzi,
affermando che "questa è la vertenza di una intera città che non
vuole morire", e chiedono "risposte immediate su lavoro e
sviluppo" con la firma dell'accordo di programma, tra Stato,
Regione, Comune e forze sociali, che sbloccherebbe gli
investimenti e la ripresa produttiva a Gela.
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