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Legge di Stabilità, la guerra di numeri tra Renzi e Regioni

Scontro governo-Regioni. Allarme tagli, Renzi le convoca. Premier: ora ci divertiamo. Allarme dei tecnici su Comuni per taglio della Tasi. Camusso critica

Alta tensione governo-Regioni sulla legge di stabilità. I 17 miliardi di tagli previsti a partire dal 2017 mettono a rischio, secondo Sergio Chiamparino, la stessa sopravvivenza degli enti locali e il mancato incremento della spesa sanitaria nel 2016 potrebbe far aumentare i ticket e compromettere la distribuzione dei farmaci salvavita. Un grido d'allarme che Matteo Renzi coglie al volo, accogliendo la richiesta di incontro partita dal sistema regionale, che però ora, fa intuire il premier, dovrà confrontarsi direttamente con lui.

Il commento del presidente del Consiglio alla convocazione fissata per mercoledì preannuncia infatti scintille. "Ora ci divertiamo, sul serio", ha confidato il premier ai suoi. Da quanto lasciato trapelare, Renzi non sembra in alcun modo intenzionato a modificare l'impostazione della manovra: "Sulla sanità ci sono più soldi del passato", avrebbe ribadito, difendendo il mantra di questa legge di stabilità: "le tasse devono scendere" e le Regioni non saranno autorizzate ad aumentare le imposte. "Eliminino piuttosto gli sprechi", avrebbe argomentato. La guerra è anche sui numeri. Il sottosegretario alla presidenza, Claudio De Vincenti spiega che il ''Fondo Sanitario Nazionale nel 2016 aumenta di un miliardo e che la Legge di Stabilità supporta le Regioni, sulla parte non sanitaria, con un ulteriore miliardo e 300 milioni". Ma la lettura di Chiamparino è totalmente diversa. Nel 2016 le Regioni, ha spiegato Chiamparino in Parlamento, devono fare i conti con 2 miliardi in meno del previsto per la sanità e altri 2,2 miliardi di tagli extrasanità ereditati dalle manovre del passato. Quest'ultima cifra viene solo in parte coperta con stanziamenti per 1,3 miliardi previsti dalla stabilità, che lascia quindi un "buco" da 900 milioni. Il fondo - è vero - aumenterà di 1 miliardo rispetto allo scorso anno, come ribadito da Renzi, ma 800 milioni saranno destinati ai nuovi Lea, mentre le Regioni dovranno far fronte anche a rinnovo dei contratti (300 milioni), fondo vaccinazioni (300 milioni), pazienti emotrasfusi (170 milioni) e farmaci salvavita come quelli per l'epatite C (500 milioni). Manca quindi un altro miliardo. "Se non cambiano questi dati - sostiene il presidente (dimissionario) della Conferenza delle Regioni - vorrà dire che sui farmaci innovativi ci sarà qualcuno a cui bisognerà dire di no, ma questa è una responsabilità enorme". Il tono è calmo ma la provocazione c'é: "se si ritiene che la sanità possa funzionare meglio con un sistema centralizzato noi siamo pronti ad affrontare sfida, purché non si faccia in maniera strisciante e surrettizia". Le critiche non sono del resto isolate. Davanti al Parlamento anche le parti sociali hanno risollevato molti dei loro dubbi.

A partire da Susanna Camusso, secondo cui la manovra "favorisce chi ha di più", da proprietari immobiliari a evasori fiscali, e peggiora le condizioni di chi invece si trova già in condizioni disagiate, da giovani disoccupati a pensionati. Cisl e Uil sulla stessa linea lamentano i tagli a Caf e patronati, ritenuti indispensabili proprio per le fasce meno protette di cittadini, mentre il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, pur approvando l'impianto complessivo della legge, evidenzia "i grandi assenti" del 2016: Sud, ricerca e innovazione. I dubbi che emergono però con più forza sono quelli dei tecnici del Senato, chiamati ad analizzare i dettagli delle singole misure.

In primo luogo la Tasi, intervento simbolo della legge, la cui eliminazione rischia tuttavia di comprimere i margini di manovra dei Comuni. La compensazione del mancato gettito con l'aumento del fondo di solidarietà comunale può infatti "determinare un irrigidimento dei bilanci". Il dossier di Palazzo Madama parla anche di "tensioni" sulla sanità e, dando manforte alle Regioni, chiede al governo "una valutazione in merito alla effettiva praticabilità" dei tagli del triennio 2017-2019. Dubbi non mancano anche sul canone Rai in bolletta e sull'innalzamento della soglia del contante, sottoposto troppo spesso a interventi di segno contrapposto. Critiche che la maggioranza Pd sembra pronta a valutare, anche se non manca chi, secondo alcune fonti parlamentari, le interpreta come accuse in qualche modo legate alla riforma del Senato.

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