Brusca frenata dell'economia americana, con il pil del terzo trimestre cresciuto solo dell'1,5%. Sul banco degli imputati l'amministrazione Obama mette la debolezza dell'economia mondiale - dalla Cina al Vecchio Continente - e le incertezze legate alla volatilita' dei mercati. Tutti fattori "transitori" - si sottolinea - ma che provocano un rallentamento della spesa di famiglie e imprese nonche' della spesa pubblica. Rendendo piu' difficile per gli Usa continuare a svolgere il ruolo di 'locomotiva' della ripresa mondiale Wall Street non gradisce lo stop, e per tutta la giornata procede a rilento, coi i principali indici col segno meno. A pesare anche la rinnovata prospettiva di un rialzo dei tassi di interesse da parte della Fed entro fine anno.
 Il dato sul pil Usa era piu' o meno quello atteso. Ma e' evidente la netta decelerazione dal +3,9% dei tre mesi precedenti e dal 2% dello stesso periodo dello scorso anno. Segno che la ripresa va avanti, ma tra mille difficolta', come emerge anche da alcuni dati sul lavoro: vedi le richieste dei sussidi di disoccupazione, aumentate nell'ultima settimana di mille unita', per un totale di 260 mila. Un quadro, insomma, che non rende poi cosi' scontata la stretta monetaria da parte della banca centrale statunitense entro la fine dell'anno. Oltre al rallentamento della spesa per i consumi (+3,2% rispetto al precedente 3,6%) e per gli investimenti pubblici e privati, la modesta e timida avanzata del pil americano va legata anche al rafforzamento del biglietto verde, con l'euro intorno a quota 1,09. Il superdollaro non facilita certo le esportazioni dei beni e servizi 'made in Usa'. Esportazioni che infatti negli ultimi tre mesi hanno fatto registrare una leggera flessione. Cosi' come la spesa per l'edilizia.Â