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Lethem, scrivo per abbracciare la realtà

Lethem, scrivo per abbracciare la realtà

In Italia con il nuovo romanzo 'Il detective selvaggio'

ROMA, 06 luglio 2019, 10:33

Marzia Apice

ANSACheck

La copertina del libro di Jonathan Lethem 'Il detective selvaggio ' - RIPRODUZIONE RISERVATA

La copertina del libro di Jonathan Lethem  'Il detective selvaggio ' - RIPRODUZIONE RISERVATA
La copertina del libro di Jonathan Lethem 'Il detective selvaggio ' - RIPRODUZIONE RISERVATA

JONATHAN LETHEM, 'IL DETECTIVE SELVAGGIO' (LA NAVE DI TESEO, PP. 405, EURO 19,00) "Tutto quello che scrivo viene dal desiderio di comprendere, di abbracciare la realtà e quello che accade": è sempre il bisogno di decifrare il nostro vivere quotidiano a spingere Jonathan Lethem, una delle voci contemporanee più intelligenti e critiche della letteratura statunitense, a misurarsi con la pagina scritta. "Mi ispira la vita reale, incontrare le persone, ascoltare voci diverse: la mia è una guerra costante per cercare di uscire da un mondo di astrazioni e concetti e toccare le cose fisicamente; ma il mio stile è naturale, non è un calcolo: è il risultato della mia personalità, della confusione che ho dentro", dice all'ANSA lo scrittore che nei giorni scorsi è stato ospite alla Basilica di Massenzio per partecipare all'evento promosso dal Parco Archeologico che ha celebrato l'incontro tra la Milanesiana, ideata e diretta da Elisabetta Sgarbi, e Letterature, il festival diretto da Maria Ida Gaeta, dove ha letto un testo inedito.

Anche nell'ultimo libro, 'Il detective selvaggio', edito da La nave di Teseo, Lethem si dedica a ciò che sa fare magistralmente, mescolare i generi: nel romanzo convivono in armonia un thriller, una storia d'amore, una serie di avventure vissute da personaggi cesellati alla perfezione, il tutto legato dalla consueta scrittura ironica e brillante, ricchissima di potenti immagini e metafore imperdibili. Ad arricchire la storia, non poteva mancare la pungente critica politica (nel mirino c'è l'America all'indomani dell'elezione di Trump): "Questo momento politico è tragico, terribile, c'è paura, violenza, pregiudizio, sta crescendo il populismo in America e in Europa. Ma siamo di fronte a una fantasia inesistente: ossia quella di immaginare che basti chiudere i confini o costruire muri per essere al sicuro, per tornare a un passato con fortezze medievali dietro cui nascondersi", dice, "noi scrittori non possiamo far altro che dire la verità: dagli artisti o dagli attivisti politici possiamo ricercare le tessere del puzzle che abbiamo davanti, ma nessuno di noi ha in mano le risposte. Non abbiamo mai vissuto in un mondo giusto o misericordioso ma adesso assistiamo al palesarsi dell'ingiustizia".

E parlando del suo testo inedito ispirato a "La Speranza e I Classici" spiega: "È stato difficilissimo scrivere un testo che parli di speranza e di conoscenza. Tutti noi scrittori su questi temi abbiamo la tendenza a non sapere cosa scrivere, perché ci sentiamo impauriti, non vogliamo esporci". Se la speranza resta indefinibile ("mi rifiuto di rispondere su cosa sia oggi", dice con un sorriso), sui classici invece Lethem ha le idee molto chiare: "i testi diventano classici quando creano connessioni che permettono di incontrare un essere umano lontano, irraggiungibile. I classici non sono libri appoggiati su una mensola, ma sono amici che ci fanno viaggiare come se fossero macchine del tempo". Un'esperienza al di là del tempo e dello spazio che lui da grande lettore ha vissuto spesso, anche grazie alla letteratura italiana e ai suoi maestri, come "Calvino e Svevo, Ginzburg e Levi, autori straordinari".

"Amo l'Italia, specialmente Roma. La prima volta che sono venuto in questo paese era per partecipare al Salone del libro di Torino: nel logo c'era una persona che annusava un libro, sembrava volesse mangiarlo. Mi sono chiesto se gli italiani leggessero i libri così", racconta. "Ecco quello è l'emblema dell'Italia: un paese in cui ci sono persone che danno enfasi alla vita tangibile, che sono consapevoli del proprio corpo e sanno soddisfarlo. Io poi sono cresciuto a Brooklyn accanto a una comunità di immigrati italiani e anche loro erano così". 
   

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