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Beigbeder, immortalità è nostro incubo

Beigbeder, immortalità è nostro incubo

Scrittore a Roma per Una vita senza fine, in cui sfida la morte

ROMA, 27 maggio 2019, 13:33

Marzia Apice

ANSACheck

- RIPRODUZIONE RISERVATA

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FREDERIC BEIGBEDER, UNA VITA SENZA FINE (BOMPIANI, PP. 256, 17 EURO - Traduzione di Silvia Ballestra) "L'immortalità è il sogno più vecchio dell'umanità. Ma ora si sta trasformando in un incubo". È la considerazione a cui Frédéric Beigbeder è giunto dopo aver scritto "Una vita senza fine", romanzo-inchiesta edito in Italia da Bompiani in cui cerca di capire, tra il serio e il faceto, come fare a rimediare al problema più difficile da risolvere per l'uomo, la morte. Un romanzo quasi del tutto autobiografico in cui un cinquantenne di successo (Frédéric appunto), promette a sua figlia di non morire: per prestare fede alla sua promessa si avvicina alle tecniche di ringiovanimento cellulare, viaggiando dalla Svizzera a Israele per incontrare scienziati e luminari in grado di allungargli la vita. "Abbiamo paura di morire perché non sappiamo approfittare dell'esistenza. Vogliamo renderci eterni attraverso le immagini dei selfie. In questo libro ci sono le mie angosce, denuncio la vita di oggi ma mi prendo anche in giro", spiega in un'intervista all'ANSA a Roma, dove è arrivato per presentare il libro. Il romanzo è stato un modo per esorcizzare le sue angosce, ma anche un'opportunità per fare indagini mediche su se stesso e riflettere sulla sua vita. "Anni fa avevo uno stile di vita parecchio nocivo per la salute. Quando ho scritto il libro, l'idea di fare analisi e provare terapie che forse potevano allungarmi la vita non mi faceva paura, anzi mi entusiasmava.
    Non ero neppure negativo nei confronti dei transumanisti", spiega, "poi però ho capito che sono dei pazzi e la loro ideologia è pericolosa. Mi chiedo quale sia il prezzo da pagare per vivere di più. Se la risposta è non restare umani allora non mi interessa". Per parlare di morte, ma anche di tante altre cose (dalla società desiderosa solo di apparire al rapporto con le donne e a quello padre-figlio, dalla religione agli estremismi della scienza, dalle illusioni della contemporaneità fino alla crisi di mezza età mentre il tempo passa inesorabilmente), Beigbeder sceglie lo stile che più gli è congeniale: una scrittura dissacrante ma profonda, che fa riflettere mentre diverte.
    "Bisogna poter ridere di fronte alla tristezza e agli argomenti seri: l'umorismo è il mio espediente per affrontare un tema come la morte", dice, "nel libro credo che sia nuovo parlare di morte come se fosse qualcosa di tecnico: parlo di religione e filosofia ma anche di tutte quelle tecniche che potrebbero servire per invertire l'invecchiamento. Come se fosse il libretto di istruzioni di una lavatrice". Tra gli autori più acclamati in Francia, Beigbeder (che l'8 giugno sarà a Firenze ospite de La città dei lettori), afferma di pensare spesso alla crisi della letteratura: "Se la gente legge meno forse è colpa degli scrittori, ma non solo. La lettura è continuamente minacciata dai nuovi media che sono più facili. La lettura è una scelta, richiede tempo, ma anche solitudine e silenzio, cose che la società combatte perché ci vuole consumatori non pensanti. Quando parlo ai giovani dico loro che la lettura è lo sport del cervello: ci serve per non diventare stupidi e continuare a riflettere". Sulle recenti frizioni tra Italia e Francia ha un'idea chiara: "Gli attriti tra Macron e Salvini erano una gesticolazione artificiale così come lo è stata la riconciliazione", prosegue, "credo che ce dobbiamo fregare di quello che fanno i politici: loro passeranno e non riusciranno certo a interrompere la secolare amicizia tra i nostri Paesi. Quello che conta è la cultura, l'arte, il cinema, la letteratura". E conclude: "I francesi amano molto gli scrittori e i registi italiani, ma è un amore a senso unico, amano più di quanto sono amati. Ma non è mai troppo tardi per rimediare".
   

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