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Gerda Taro sirena coraggiosa

Gerda Taro sirena coraggiosa

Il romanzo vincitore del Premio Strega 2018

ROMA, 06 luglio 2018, 19:37

Mauretta Capuano

ANSACheck

- RIPRODUZIONE RISERVATA

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HELENA JANECZEK, LA RAGAZZA CON LA LEICA (GUANDA, PP 333, EURO 18). L'energia, la gioia di vivere, il coraggio, il desiderio di libertà e indipendenza, la bellezza e il fascino irresistibile di Gerda Taro, la prima fotoreporter morta sul campo di battaglia a 26 anni, durante la guerra civile spagnola, amata da Robert Capa, tornano a vivere ne 'La ragazza con la Leica' (Guanda) con cui Helena Janeczek ha vinto il Premio Strega 2018.
    Non è una biografia, è una storia corale, accompagnata anche da alcune fotografie, basata su un'ampia documentazione e ricerca durata quasi 6 anni. La Janeczek, nata a Monaco di Baviera da famiglia di origini ebreo-polacche, che vive in Italia da oltre trent'anni, ci fa entrare nel cuore di quei ragazzi degli anni Trenta alle prese con la crisi economica, l'ascesa del nazismo e l'ostilità verso i rifugiati. Un periodo che, in un certo senso, può far da specchio ai nostri tempi attraverso la figura di una donna al di là di ogni stereotipo, morta nel 1937. Nel romanzo, che inizialmente doveva essere un racconto, tre personaggi raccontano la Taro: sono due ex fidanzati della fotografa, il cardiologo Willy Chardack e Georg Kuritzkes, che combatte nelle Brigate Internazionali e poi l'amica del cuore Ruth con cui ha vissuto tempi duri a Parigi. Nel prologo ed epilogo dialogano con alcune foto fatte a Robert Capa e Gerda Taro a cui il famoso fotografo insegnò ad usare la Leica.
    Gerda è raccontata da donna già morta e tutto parte da una telefonata tra Willy e Georg a cui torna in mente la Spagna di Robert Capa con cui aveva "un'amica in comune, Gerda Taro, che nessuno oggi sa più chi era".
    La Janeczek da voce al fascino e alla figura della Taro come se fossero visti dall'esterno e si interroga su come l'intenso e breve amore e sodalizio professionale tra lei e Capa sia stato percepito. L'autrice immagina le prospettive, mentre i personaggi e i fatti più importanti sono veri e documentati. Ed è proprio questo sguardo nuovo a creare un linguaggio e una linea narrativa tutta della Janeczek. Come si capisce bene anche nell'epilogo dove è riportata una foto di Taro e Capa: "Guardali infine sulla terrazza del Cafè du Dome con quei sorrisi che si parlano, l'allegria sprigionata da una gentilezza o stupidaggine qualsiasi, a loro due basta una cosa da niente".
    Autrice di poesie a 26 anni, e di quattro romanzi tra cui 'Le rondini di Montecassino' (Guanda), vincitore tra gli altri del Premio Sandro Onofri e finalista al Comisso, la Janeczek, a 80 anni dalla scomparsa della Taro ripercorre una vita esemplare in cui restituisce lo sguardo della fotografa finita sotto i cingoli di un tank amico durante un'improvvisa ritirata sul campo di battaglia, in Spagna, attraverso gli occhi di amici testimoni e di chi la ha amata. "Ho cercato di usare lo sguardo dell'attrazione e, in una rifrazione a specchio, di far emergere qualcosa che resiste agli sguardi. Gerda Taro era seduttiva ma non adescatrice, però le piaceva giocare. Non è stato facile restituire il suo fascino che viene fuori attraverso gli occhi degli altri. Non solo una moderna sirena ma guerriera e coraggiosa" come dice la scrittrice.
   

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