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Arriaga, l'arte rende scomoda la verità

Arriaga, l'arte rende scomoda la verità

In Italia con Il Selvaggio, atteso al Salone del Libro 11 maggio

ROMA, 10 maggio 2018, 10:00

Mauretta Capuano

ANSACheck

- RIPRODUZIONE RISERVATA

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GUILLERMO ARRIAGA, IL SELVAGGIO (Bompiani, pag. 740, euro 18,70).
    Vendetta, morte, amore, sangue, tanto sangue. Guillermo Arriaga torna al romanzo con 'Il Selvaggio', 740 pagine intense e potenti che scavano nella nostra natura di animali da addomesticare, ma che raccontano in fondo e soprattutto una storia di amore e speranza. "La funzione dell'arte è di rendere scomoda la verità. Il romanzo deve obbligarci a vedere ciò che non vogliamo guardare.
    La narrativa deve far sgocciolare vita sotto forma di sangue, di liquido vaginale, di umori seminali, di lacrime" dice all'ANSA Arriaga al suo arrivo a Roma, attesissimo al Salone del Libro di Torino dove tra l'11 e il 12 maggio sarà protagonista di tre incontri, uno con Roberto Saviano e un altro con il traduttore del libro, Bruno Arpaia. "Un buon libro deve spingere a guardare nella direzione opposta a quella in cui si guarda. La grande arte ti fa vedere tutto ciò che c'è intorno a te e quella immensa ti fa guardare dentro. Per questo è importante parlare di quegli elementi di cui non si parla mai" sottolinea l'autore della sceneggiatura di Amores perros, 21 grammi e Babel e di romanzi come 'Un dolce odore di morte' che di recente ha prodotto e co-sceneggiato 'Ti guardo', primo film ispanoamericano a vincere il Leone d'Oro alla Mostra del Cinema di Venezia.
    Cinque anni per arrivare alla stesura definitiva de 'Il Selvaggio' che vede, nel Messico profondo di fine anni Sessanta, Juan Guillermo fare i conti con il fantasma del suo gemello morto prima di nascere, giocare con il fratello maggiore Carlos, che verrà ucciso da estremisti religiosi. Una sequenza di morti in cui ci sono anche la nonna e i genitori del protagonista che si salverà grazie a un amore immenso. E parallelamente prende corpo la vicenda di Amaruq, un ragazzo il cui destino è legato a quello di un lupo. "Ho riscritto completamente questo romanzo 8 volte togliendo sempre qualcosa. Erano 1.200 le pagine in origine. Sono un autore che non sa da dove vengono le storie.
    Sapevo cosa succedeva nelle prime 5 pagine del romanzo, poi è stata tutta una scoperta. Non avevo idea che sarebbe comparso un gemello, il lupo" racconta Arriaga. Il libro sembra un'autobiografia, ma lo è solo in parte. "Ho vissuto nel quartiere che descrivo, c'erano la mia strada, la mia casa.
    Questa però non è una storia autobiografica, vera. E' una storia di vita ed esperienze, alcune capitate a me o a persone che ho conosciuto" spiega lo scrittore, 60 anni.
    Nel Selvaggio colpisce anche la grafica, le pagine dedicate alle etimologie delle parole, ai racconti di antropologi e l'uso delle frasi per costruire anche immagini sulla pagina bianca, come accade per descrivere un incidente stradale. "Poiché io non sapevo di cosa avrebbe parlato il libro prendevo semplicemente dei volumi dal settore di antropologia della mia biblioteca e leggevo. Ho un'ossessione per la parola, per l'antropologia, per le storie e lo spazio. Attraverso la grafica e il movimento spesso si possono esprimere meglio le cose, come accade nella parte dedicata all'incidente automobilistico". E così, la sezione che parla dei vichinghi che non si sposavano se non con donne che non erano vergini, "mi è servita da spunto per creare il mio personaggio femminile che è molto promiscuo. E leggendo Platone mi sono reso conto che Socrate è stato condannato a morte per le stesse ragioni per cui Carlos è stato condannato nel libro" spiega Arriaga e aggiunge: "il romanzo termina con molta speranza". Ma il Selvaggio sarà lui che guarda il mondo con quegli occhi luminosi? "Quando ero bambino, mio fratello Carlos voleva essere il forte, mio fratello Jorge il coraggioso e io volevo essere Giullermo il selvaggio" dice ridendo e invita a riflettere sul fatto che viviamo in una società in cui "la maggior parte delle persone nega la morte, ma per capire la vita dobbiamo comprendere che ha una fine". E chissà se 'Il Selvaggio' diventerà un film? "E' una storia in prima persona, è impossibile. Ho avuto delle offerte ma non ho voluto venderlo, a meno che non mi offrano 4 milioni di euro" scherza lo scrittore che vive in Messico dove il 2 luglio ci saranno le elezioni presidenziali. "E' il momento di dimenticarci dei politici. La società civile deve prendere più potere. I politici corrotti devono andare nella discarica della storia. In Messico la corruzione è altissima, non so come sia da voi" dice sfogliando 'Il Selvaggio'.
   

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