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Risa, dove la memoria si rifugia

Risa, dove la memoria si rifugia

Gioco di contrasti e colti misteri nel primo romanzo di Ainis

ROMA, 15 marzo 2018, 12:02

di Marzia Apice

ANSACheck

- RIPRODUZIONE RISERVATA

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 MICHELE AINIS, RISA (La nave di Teseo, pp. 160, 16 Euro). "È un'energia sismica a mettere Messina sottosopra, il fuori e il dentro che s'invertono, l'alto che schizza verso il basso, il pieno che si trasforma in vuoto. È un terremoto silenzioso a divorare gli spazi fisici e mentali.
    Ed è infine un estremo tentativo di difesa a intorpidire la popolazione, a ottenebrarne i sensi mentre il paesaggio urbano dimagrisce, meglio guardare altrove, meglio dimenticare le ricchezze che hai perduto". Non è possibile usare il filtro della razionalità per leggere Risa, l'ultimo libro ed esordio nella narrativa del costituzionalista Michele Ainis, edito da La nave di Teseo. Né però sarebbe poi così utile lasciarsi andare totalmente all'immaginazione come se ci si trovasse di fronte a una fiaba.
    La difficoltà o il divertimento sta nel recuperare barlumi di verità - storica, geografica ed emotiva - nelle atmosfere misteriose e oniriche di pagine in cui tutto si confonde e in cui ogni cosa può svanire da un momento all'altro, risucchiata come in un terremoto dalle viscere della terra o dai vortici della memoria.
    C'è proprio il terremoto, della terra e dell'anima, al centro del romanzo, e con questo fenomeno che non lascia mai indenni si trova a fare i conti Diego, siciliano trapiantato al nord, che torna a casa dopo la morte di una zia per rivedere Jacopo, il fratello di cui da anni ha perso le tracce. Non solo non lo troverà ma perderà anche il contatto con se stesso e con la sua terra. Perché Messina, la sua città, sembra ormai un luogo estraneo: gli sfugge, lo inganna, togliendogli ogni certezza, tra sparizioni e apparizioni, tanto che Diego non riconosce più né il suo presente né il passato. Se perde la sua città, in realtà poi ne trova (o ne immagina) un'altra, che resta sullo sfondo ma fa sentire la sua oscura presenza. È la Risa del titolo, città fantasma nascosta sotto uno specchio d'acqua, custode di tutto ciò che Diego a Messina non ritrova più: la Chiesa di Sant'Ignazio, la casa della zia Rosa, il liceo che ha frequentato, ma anche sua madre, ormai morta da anni, o la sua stessa identità, divenuta fragile, sfilacciata o meglio sdoppiata. "Risa è Messina, rigirata all'incontrario; la Messina che c'era, che non c'è", scrive Ainis. Per ritrovarsi bisogna annegare dentro le proprie ferite, annullarsi e poi riemergere, in un alternarsi tra il senso della perdita e quello dell'appartenenza, sembra suggerire l'autore. Offrendo un'infinità mole di rimandi alla storia e alla mitologia nonché di dettagli su Messina e la Sicilia, Ainis riesce a catturare il lettore nella rete di una trama all'apparenza semplice ma continuamente in bilico tra vero e falso, che affascina con la sua indeterminatezza lasciando senza risposta più di una domanda.
   

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