DANIELA CARDINI, LONG TV, LE SERIE TELEVISIVE VISTE DA VICINO (EDIZIONI UNICOPLI, PP 133, EURO 12,00). C'è la televisione da indigestione, il "binge viewing", che consiste nel chiudersi in casa a divorare uno dopo gli altri episodi di una serie su Netflix; e c'è la "televisione tantrica", che richiede di assaporare lentamente gli appuntamenti seriali, riscoprendo il piacere dell'attesa.
Il nuovo libro di Daniela Cardini, 'Long TV: le serie televisive viste da vicino' (Edizioni Unicopli), esplora il mondo della serialità tv che negli ultimi due decenni ha assunto un peso e un ruolo determinante nelle strategie produttive e distributive delle grandi media companies mondiali. ' House of Cards' o 'Game of Thrones' costituiscono un'esperienza produttiva e di consumo assai diversa non solo dalle serie a basso costo degli anni '60 e '70 ma anche dai più elaborati prodotti degli anni '90.
Cardini introduce la nozione di Grande Serialità per individuare questa nuova fase della narrazione televisiva, che propone strutture di racconto complesse, con un'ibridazione tra linguaggio cinematografico e televisivo. Ne è un esempio estremo 'The Young Pope', di Paolo Sorrentino, "film in dieci puntate" realizzato con linguaggio autoriale, cura cinematografica della fotografia e del montaggio, presentato a Venezia come fosse un'anteprima cinematografica. Ma anche 'Game of Thrones' o 'Westworld' sono esempi di quella che è stata chiamata cinematic tv, che rispetto al film propone una dilatazione temporale dell'universo narrativo e rispetto al flusso televisivo offre un'esperienza visiva più elaborata. Anche per i costi di produzione la Grande Serialità si avvicina al cinema. 'La LaLand', film premio Oscar 2017, è costato circa trenta milioni di dollari. Per le prima due stagioni di 'House of Cards' Netflix ha investito cento milioni di dollari. Il costo di un episodio di 'The Crown' o della sesta stagione di 'Game of Thrones' è di dieci milioni di dollari. Cardini sottolinea come la Grande Serialità si sia sviluppata in parallelo con trasformazioni profonde dell'esperienza di fruizione.
Ad esempio, la scelta di Netflix di pubblicare tutte insieme le puntate di una stagione, stravolgendo il tradizionale appuntamento di palinsesto con la serialità televisiva, e la conseguente libertà per l'utente di guardare quanti episodi voglia nel momento che preferisce hanno modificato la stessa struttura narrativa. Se nell'era del palinsesto ogni puntata doveva concludersi con il cosiddetto cliffhanger, che è l'espediente di troncare l'episodio lasciando in sospeso un interrogativo tale da spingere lo spettatore a non perdere la puntata successiva, nel mondo di Netflix la continuità narrativa si rivolge a un utente che decide lui stesso quando interrompere la visione. Il racconto prende altri ritmi, può prestare più attenzione all'evoluzione interiore dei personaggi, l'azione si dispiega con tempi diversi. Cardini ricorda come la Grande Serialità, nata nella pay tv e poi sviluppata dai player digitali come Netflix, si rivolge a un pubblico diverso da quello della televisione generalista, più colto e più attento. Questo ha consentito di sviluppare temi "difficili", che i broadcaster generalisti avevano messo ai margini. Lo si vede in particolare nel caso italiano, dove la Grande Serialità è stata per introdotta per prima da Sky, partendo da 'Romanzo criminale' fino al successo di 'Gomorra' e di 'The Young Pope'.
Il pubblico della Grande Serialità ha d'altra parte competenza digitale, utilizza il web e i social media per espandere la fruizione del racconto seriale nell'universo del discorso all'interno della rete. È anche questa una dimensione del transmediastorytelling, che vede il contenuto della narrazione ripreso, commentato, trasfigurato dai suoi fruitori. Come ricorda Cardini, la Grande Serialità è infatti una realtà complessa in tutti i suoi aspetti, quello della narrazione, quello della produzione e quello della fruizione.
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