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La decisione tra ragione ed emozione

La decisione tra ragione ed emozione

Nel saggio 'Il giudice emotivo' di Forza, Menegon e Rumiati

ROMA, 22 gennaio 2018, 13:03

Mauretta Capuano

ANSACheck

La copertina de 'Il giudice emotivo ' di Forza, Menegon e Rumiati - RIPRODUZIONE RISERVATA

La copertina de  'Il giudice emotivo ' di Forza, Menegon e Rumiati - RIPRODUZIONE RISERVATA
La copertina de 'Il giudice emotivo ' di Forza, Menegon e Rumiati - RIPRODUZIONE RISERVATA

(ANSA)  - ANTONIO FORZA, GIULIA MENEGON E RINO RUMIATI, IL GIUDICE EMOTIVO (IL MULINO, PP 244, EURO 18,00). Non avere paura delle emozioni è il primo passo per gestirle e non farsi dominare. A ricordarcelo, o meglio, a insegnarci come percorrere questa strada è il saggio di Antonio Forza, Giulia Menegon e Rino Rumiati, due giuristi e uno psicologo che ne 'Il giudice emotivo', con la prefazione di Ennio Amodio, emerito di procedura penale alla Statale di Milano, riescono a parlare non solo a chi frequenta professionalmente le aule di giustizia.

Anzi i tre autori stimolano la curiosità del lettore a comprendere come psicologia empirica e neuroscienze abbiano portato a galla le debolezze e le astuzie del nostro modo di pensare e ci permettano di essere più razionali ed emotivamente più responsabili.
 Il libro - pubblicato da Il Mulino, subito andato in ristampa, di prossima traduzione in lingua spagnola, che sarà presentato a metà febbraio all'Accademia dei Concordi a Rovigo - pone al centro il tema della decisione tra ragione ed emozione, con la preziosa postfazione dell'avvocato generale presso la Corte di Cassazione, Francesco Mauro Iacoviello.

"Il fatto - scrive Iacoviello - ha più dimensioni, più strati: la ragione riesce a sondare gli strati superficiali, ma è l'emozione che penetra negli strati profondi attraverso l'intuito. E' l'emozione un propellente efficace per la ricerca di ipotesi e di prove". Le emozioni, sottolinea l'avvocato generale presso la Corte di Cassazione, "possono essere negative, ma possono essere anche positive per arrivare a una giusta decisione". E questo vale per tutte le situazioni della vita. Venire a conoscenza che le emozioni sono parte ineliminabile del processo decisionale è già un primo passo per capire e scegliere quelle "buone" rispetto a quelle "cattive".

Si arriva così a distinguere tra quelle che possono aiutare nella decisione e nel giudizio e quelle che possono portare ad una valutazione fuorviante ed errata. Le emozioni, avvertono gli autori, possono distogliere i giudici dalla visione ampia del caso giudiziario e contribuire a condurli in quella che chiamano "tunnel vision", una sorta di paraocchi mentale, una prospettiva bloccata cui inevitabilmente sfuggono aspetti rilevanti della vicenda processuale. È quella una trappola nella quale tutti noi corriamo il rischio di incappare nell'assumere decisioni, magari anche quelle del quotidiano. Ma, "possono avere anche funzioni positive perchè possono farci capire il fatto", come spiega Iacoviello.

La tesi degli autori, che trova ampia conferma nei dati della psicologia empirica e nelle ricerche neuroscientifiche, parte proprio dal fatto che gli operatori della giustizia non sono infallibili ragionatori, ma, come tutti gli esseri umani, risultano fortemente esposti ad influenze irrazionali. Nelle scienze cognitive, di cui Rumiati, docente alla Luiss, è un grande esperto, la contrapposizione tra ragione ed emozioni è da lungo tempo tramontata. Senza le emozioni, come ha dimostrato il grande neuroscienziato americano di origini portoghesi, Antonio Damasio, le scelte non si riescono nemmeno a compiere.

Nel libro, in cui Forza, avvocato cassazionista, studioso di dinamiche psicologiche nel processo penale e docente all'Università di Padova e Menegon, avvocato che lavora a Zurigo dopo il master in psicopatologia e neuropsicologia forense, portano la loro esperienza e competenza non solo giuridica, ma anche scientifica, viene proposta anche la rivisitazione della realtà giudiziaria come costruzione narrativa. E viene messo in luce come le neuroscienze sovvertano il sentire comune del ragionamento puro e non condotto da errori sistematici, bias (distorsioni conoscitive), trappole cognitive e ingiustificata fiducia nelle proprie abilità. "Questo libro ci invita a tornare all'antico: alla recta ratio. Cioè alla saggezza del decidere, una saggezza intrisa di ragioni ed emozioni" come dice Iacoviello.
   

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