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Con Krys Lee nella terra del terrore

Con Krys Lee nella terra del terrore

Le storie di 3 ragazzi della Nord Corea, tra realtà e finzione

ROMA, 16 giugno 2017, 10:51

Marzia Apice

ANSACheck

La copertina di Come siamo diventati nordcoreani di Krys Lee - RIPRODUZIONE RISERVATA

La copertina di Come siamo diventati nordcoreani di Krys Lee - RIPRODUZIONE RISERVATA
La copertina di Come siamo diventati nordcoreani di Krys Lee - RIPRODUZIONE RISERVATA

(ANSA)- ROMA, 16 GIU - KRYS LEE, COME SIAMO DIVENTATI NORDCOREANI (Codice Edizioni, pp.304, 18 Euro). "La nostra era solo una fra le tante storie. Arrancammo nelle giungle e nei deserti del Sudest asiatico inseguendo salvezza e libertà.  Continuammo a cercarle. Alcuni le avrebbero trovate". Al confine tra Cina e Nord Corea esiste una terra di mezzo pericolosa e infida, dove gruppi di disperati in fuga dal regime nordcoreano anelano solo di sopravvivere, concentrandosi sul presente, perché il futuro è merce troppo rara per essere anche solo immaginata.

Di questo mondo sospeso, in cui la speranza è solo "un'isola lontana", e dove chi scappa spera di essere invisibile per non subire l'ennesima violenza, ci racconta Krys Lee (vissuta negli Stati Uniti e in Inghilterra ma nata in Corea del Sud da padre nordcoreano) nel suo primo romanzo Come siamo diventati nordcoreani pubblicato da Codice Edizioni. Già dalle prime pagine, con un episodio in cui emergono alcune delle gratuite, folli e perverse cattiverie del 'Caro Leader' (il defunto Kim Jong-il, a cui è succeduto l'altrettanto famigerato figlio Kim Jong-un, oggi al centro delle cronache internazionali), ci si rende conto che questo è un libro di fronte al quale non è possibile rimanere indifferenti.

Per il lettore, storie che condensano fiction e realtà in una scrittura potente per significato ed espressività: qui, in queste pagine dolorose, scritte con uno stile asciutto e diretto ma capace di scavare in profondità, si narrano le vicende di tre giovani che scappano dalla terra del dittatore nordcoreano. I protagonisti, tutti in bilico tra la vita e la morte per varie vicissitudini, tutti senza quasi più speranza, hanno alle spalle esistenze diverse: c'è Yongju che, dapprima privilegiato, scopre cosa significhi la dittatura quando perde tutta la sua famiglia ed è costretto a fuggire, dopo che il 'Caro Leader' uccide suo padre per un mero capriccio. C'è poi Danny, giunto in quella terra di terrore addirittura dalla California, in fuga per cercare conferme alla sua fede ma allo stesso tempo per liberare la sua omosessualità.

Infine c'è Jangmi, povera e in difficoltà da sempre, abituata a tirare avanti vendendo il suo corpo, che sceglie di provare a valicare il confine e sposare un cinese per poter salvare la bambina che porta in grembo. Sullo sfondo, un universo di miseria, sospetto e cattiveria popolato da spie e soldati, ladri e fuggiaschi che non provano pietà per nessuno, ma solo l'egoismo di riuscire a sopravvivere un giorno in più, senza pensare al domani. Accanto a loro anche i missionari cristiani, impegnati nel salvare vite umane a patto, però, che si convertano: anche su di loro si concentra l'attenzione della scrittrice (il cui padre nordcoreano è pastore metodista) che evidenzia quanto troppo spesso l'attività umanitaria sia un altro modo di imporre una dittatura, quella della fede, e di privare della libertà persone già smarrite nel corpo e nello spirito.

Se questa per Krys Lee, accolta con grande interesse al Salone del Libro di Torino, è senza dubbio un'ottima prova letteraria, il libro sembra però rappresentare per lei anche uno strumento terapeutico: quasi una liberazione da un passato che torna sempre, ma anche un modo per ristabilire un contatto con qualcosa con cui inevitabilmente bisogna fare i conti, per una scrittrice come lei che per anni ha lavorato al fianco dei rifugiati, dando loro accoglienza e con essa l'idea di un futuro.
   

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